Page 13 - Orto. Dal balcone al campo.
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Roma, Bologna e Torino; si prosegue con gli orti nelle aziende; con gli orti in affitto nelle
aziende agricole; con i gruppi di acquisto dei terreni in Italia, a difesa dell’agricoltura; si
arriva ai Paesi in via di sviluppo, agli orti urbani nelle favelas del Brasile e ai Micro jardins
nelle grandi metropoli dell’Africa, fonti di reddito e di cibo per le famiglie emarginate. Sono
un’infinità gli esempi urbani e periurbani per coltivare qualsiasi superficie interstiziale, nel
cemento. A New York abbiamo i Rooftop gardens, ovvero gli orti sui tetti, per rendere
autosufficienti i ristoranti; anche in Italia alcuni grandi chef hanno un ristorante con un proprio
orto, come Michelino Gioia al The Cesar di Roma, Alice Delcourt all’Erba Brusca di Milano,
e Peppe Zullo in Puglia, solo per citarne alcuni.
In generale, poi, grazie ai tanti contadini urbani sui balconi delle città fioriscono orti
verticali, fatti con materiali di riciclo, orti sinergici, di permacultura, biologici.
L’orto, però, non appartiene solo al mondo reale, è vissuto molto anche virtualmente. Il web
è gremito di consigli su come coltivare in campagna e nei piccoli spazi della città, e così, se
una volta per far meglio si osservava l’orto del vicino, oggi ci si può tranquillamente
aggiornare in Rete. Il popolo di neo-orticultori è cresciuto tantissimo: Grow the planet, la
famosa community per ortisti, ha stimato che solo in Italia le persone che attingono dal web
informazioni per coltivare sono ben 10 milioni, e salgono a 18 milioni se si considerano gli
orti sul balcone e gli orti urbani. A questi dati si aggiunge l’indagine di Ipr Marketing,
promossa da Coldiretti, che conferma come nel 2011 un italiano su quattro si sia dedicato alla
coltivazione dell’orto; parlando solo di orti sul balcone, gli italiani dediti a questo genere di
attività sono circa 6.500.000. La regione a più alto tasso di coltivatori sul balcone è la
Lombardia, con 1.131.000. Secondo una ricerca effettuata da Nomisma, in Italia i cosiddetti
«hobby farmers», ovvero gli agricoltori per passione, sono ben 2,7 milioni. Dalla ricerca
emerge che «si sta verificando un fenomeno che sta cambiando il paradigma della distinzione
tra campagna, come luogo della produzione, e città, come luogo di consumo». Per dirla con
Francesco Giarè dell’INEA, «la contrapposizione urbano/rurale non è più valida», ovvero i
confini culturali che dividono la campagna dalla città stanno lentamente scomparendo. Il
profilo dei nuovi ortisti è estremamente variegato. Se il 47 per cento è rappresentato da
pensionati, il restante 53 per cento si compone di figure varie, quali casalinghe (14 per cento),
impiegati (12 per cento), operai (10 per cento), lavoratori autonomi, commercianti e
imprenditori (in tutto 8 per cento), insegnanti (4 per cento).
L’agricoltura praticata in città o in campagna dai nuovi contadini urbani è una boccata
d’aria fresca. Un’avventura che inizia per ragioni condivise da tutti, prima di tutto per stare
bene e per prendersi cura di se stessi. Il tempo impiegato nell’orto è tempo ripreso, restituito a
noi stessi. Per quanto il fenomeno attuale possa essere scambiato per una moda, è in realtà