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«Non ostacolate la missione di Francesco»
Durante il pontificato di Francesco indubbiamente l’aria è cambiata: le bozze di
contratto con le potenti multinazionali del tabacco sono valutate attentamente e in
generale l’atteggiamento è differente. Tuttavia la «rivoluzione dolce» di Francesco si
confronta e si scontra con mentalità contrapposte.
Come abbiamo visto, non sempre, anzi di rado, in Vaticano quella del papa risulta
essere la volontà vincente. Papa Luciani, il pontefice del cambiamento, voleva
riformare la curia dove erano presenti gruppi di alti prelati in odore di massoneria.
Come abbiamo prima ricordato, morì misteriosamente dopo solo trentatré giorni di
pontificato. Wojtyla, mentre da una parte era impegnato a contrastare in ogni modo i
regimi comunisti, dall’altra, quantomeno, non si accorse che la banca interna, lo Ior,
riciclava il peggior denaro del Novecento. Così è accaduto anche con Benedetto XVI,
che di fronte ai veleni, alla corruzione, ai problemi evangelici della Chiesa nel mondo
ha preso la storica decisione di lasciare il timone della barca di Pietro a un nuovo
pastore.
E così, ancora oggi, a quasi tre anni dall’inizio del pontificato, la riforma del
Governatorato non è avvenuta. I negozi lontani dalla missione della Chiesa sono ancora
aperti, macinano utili e garantiscono servizi a migliaia di persone che acquistano
esibendo la tessera dei benefit, seppur privi di requisiti. I musei non sono stati
ingranditi, come suggeriva Ernst & Young. Rimangono chiusi tutte le domeniche, tranne
l’ultima di ogni mese, quando però è sì consentito l’ingresso ma gratuito, dalle 9 alle
12.30, con chiusura alle 14. 65
Eppure, nella riunione del 27 novembre svoltasi nel palazzo del Governatorato,
l’indirizzo che dovevano prendere i lavori, secondo le indicazioni del santo padre, era
preciso. Da una parte gli analisti di Ernst & Young con Andrés Gomes, senior manager
di EY Spagna, dall’altra i commissari, dal coordinatore della commissione, monsignor
Vallejo Balda, a Enrique Llano e Filippo Sciorilli. Vallejo Balda fu molto chiaro, la
riforma del Governatorato doveva seguire quattro punti cardinali:
1. Indipendenza del papa (intesa come libertà di azione e come mezzo per svolgere il suo lavoro, non come fine a se
stessa).
2. Inserire l’attività (del Governatorato, nda) con la missione di Sua Santità e coerente con la missione della Chiesa
universale.
3. Struttura e rischi associati (economico e di reputazione).
4. Sostenibilità/Contributo economico.
Questi quattro principi strategici, voluti da Francesco e indicati agli uomini di Ernst &
Young, rimangono tuttora privi di sviluppi, così come abbiamo avuto modo di
ricostruire.
La situazione è complicata e presenta aspetti dal sapore addirittura kafkiano. Ne sa
qualcosa il cardinale George Pell, il porporato australiano che Francesco sceglierà