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Un paradiso fiscale dove nessuno paga le tasse

          Il  timore  è  che  questo  ammanco  in  realtà  nasconda  un’enorme  truffa  finanziaria.  Per
          capire  serve  però  una  premessa.  Per  fare  acquisti  vantaggiosi  fuori  le  mura  il
          Governatorato  rilascia  le  poco  conosciute  «esenzioni  personali  da  Iva»:  si  tratta  di

          documenti che consentono a cittadini e dipendenti vaticani di comprare «beni o servizi»
          a  prezzi  assai  ridotti,  appunto  perché  privi  dell’Iva,  l’imposta  sul  valore  aggiunto
          presente in 63 paesi al mondo. Per poter effettuare questi acquisti senza carichi fiscali è

          necessario che gli stessi siano usufruiti «all’interno dello Stato Vaticano o da parte di
          residenti vaticani».
            Il beneficio fiscale però spiana la strada a una possibile truffa.  Qualcuno potrebbe
          fingere  di  acquistare  i  beni  all’ingrosso  per  il  Vaticano  (esenti  da  Iva)  per  poi
          rivenderli  al  dettaglio  fuori  dal  Vaticano,  incassando  così  anche  quella  somma

          normalmente destinata all’erario.
            Può essere questo il caso dei 10mila volumi spariti ma potrebbe trattarsi anche di una
          pratica più diffusa. Per capire meglio può forse essere utile un semplice esempio. Un

          signore con la sua «esenzione personale» acquista all’ingrosso venti computer che dice
          essere  destinati  agli  uffici  vaticani  e  che  quindi  avranno  un  prezzo  esente  da  Iva.
          Ottenuta la merce, lo stesso signore non la porterà in Vaticano ma la venderà a prezzo
          pieno in Italia o in un altro paese dell’Unione europea guadagnando quella parte di Iva,
          il 20 per cento, che mai verrà versata all’erario. Un autentico inganno. Il sospetto è che

          qualcuno in Vaticano se ne approfitti, disponendo questi acquisti solo sulla carta.
            Un timore che per la commissione pontificia d’inchiesta è più che solo un’ipotesi. «Un
          individuo  potrebbe  acquistare  i  prodotti  –  si  legge  nei  rapporti  agli  alti  prelati  –  e

          consumarli al di fuori del Vaticano o addirittura venderli in Italia senza alcun controllo,
          apportando un considerevole rischio di reputazione (non finanziario) alla Santa sede.»                 58
          Se  infatti  dovesse  un  giorno  emergere  questa  truffa  all’erario,  il  danno  di  immagine

          sarebbe  davvero  considerevole.  Certo,  sarebbe  «non  finanziario»,  come  scrivono  i
          consulenti operativi che lavorano per la commissione, ma ugualmente grave.
            Il fatto che non siano evidenziati casi specifici non lascia spazio all’ottimismo. Anzi.
          In  Vaticano  questo  tipo  di  compravendite  avviene  «senza  alcun  controllo»,  come

          giustamente  sottolineano  gli  uomini  di  Francesco.  Se  nessuno  controlla,  sarà
          impossibile scoprire questi traffici occulti. Altre ombre arrivano dai passaggi di valuta
          tra  Italia  e  Vaticano.  Nel  2012  sono  state  registrate  598  dichiarazioni  di  valuta  in
          entrata  in  Vaticano  e  1782  in  uscita,  con  destinazione  Italia.  Nello  stesso  periodo,

          all’ufficio  doganale  di  RomaUno  gli  interessati  hanno  presentato  appena  13
          dichiarazioni in entrata per il Vaticano e solo 4 in uscita. Dati che potrebbero essere le
          spie di una importante evasione fiscale.
            Non si tratta solo di attività illegali. In Vaticano non sfugge che la questione è assai
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