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delegittimati per aver cercato di fare pulizia, come monsignor Carlo Maria Viganò. In

          tre anni la società Cap Gemini Ernst & Young si è fatta pagare una somma astronomica:
          ben 10 miliardi di vecchie lire (5,6 milioni di euro) per una consulenza sul sistema
          contabile vaticano. Certamente un’iniziativa giusta ma pagata troppo e che non è servita

          a nulla. Nicolini non nasconde gli entusiasmi e le delusioni dell’epoca.

            Fu  un  momento  di  grande  onerosità  ma  anche  di  grande  riflessione  per  una  struttura  che  da  un  punto  di  vista
            amministrativo e gestionale appariva alle soglie del XXI secolo inadeguata e incapace a tenere il passo dei tempi e a
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            fornire risposte in termini non solo di efficienza ma anche e soprattutto di equità e trasparenza.
          Seguirono poi altri progetti di ammodernamento molto ambiziosi. Nell’aprile del 2008

          fu avviato da Tarcisio Bertone il cosiddetto Project One (P1), tuttora in corso. Consiste
          nello  sviluppo  di  un’unica  piattaforma  informatica  di  dati,  contabili  e  gestionali.  Un
          sistema, in altre parole, che prevede gli stessi criteri contabili e un’unica gestione di
          tutti gli organismi che dipendono dallo stesso ente. Grazie a Project One, per esempio,

          la biglietteria dei Musei vaticani, oggi, è completamente informatizzata.
            Il sistema però è da considerarsi già vecchio perché non dialoga con gli altri dicasteri
          presenti nella Santa sede: dalla Prefettura all’Apsa, allo Ior, alla segreteria di Stato.
          Così  anche  Project  One  rischia  di  rimanere  un  investimento  importante  ma  fine  a  se

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          stesso.  L’obiettivo di questi sistemi informatici costati cifre pazzesche era riuscire ad
          avere una visione d’insieme di tutta la gestione della Santa sede. Una visione d’insieme
          che  molti  preferiscono  invece  nascondere  visto  quanto  scopriranno  gli  uomini  della

          commissione di Francesco analizzando la situazione del Governatorato.
            Già  nel  2009-10  un’analisi  riservata  di  McKinsey  sui  conti  dell’ente  aveva  fatto
          emergere una situazione disastrosa. Diversi centri di spesa – come quelli relativi alla
          manutenzione – presentavano costi maggiori dal 200 e fino al 400 per cento rispetto alle

          tariffe  di  mercato.  Era  stato  il  presidente  del  Governatorato  dell’epoca,  il  cardinale
          Giovanni Lajolo, a chiedere al banchiere Ettore Gotti Tedeschi di aiutarlo per mettere
          in ordine il bilancio. Gotti Tedeschi chiese i conti reali del dicastero e la consulenza
          pro  bono  degli  analisti  di  McKinsey.  I  dati  allarmanti  dell’emorragia  finanziaria

          finirono sulla scrivania di monsignor Viganò, l’uomo scelto da Benedetto XVI per fare
          pulizia.  Viganò  si  mise  al  lavoro  ma  appena  iniziò  a  toccare  interessi  di  aziende  e
          gruppi  ben  introdotti  in  Vaticano  fu  vittima  di  una  campagna  mediatica  di
          delegittimazione  che  convinse  Ratzinger  a  mandarlo  a  Washington.  In  esilio.  E  al

          Governatorato per anni tutto è continuato come prima.
            Questo  ente  amministra  una  significativa  quantità  di  denaro.  Transazioni,  contratti,
          forniture  che  vanno  esaminati  con  rapidità.  Per  un’azione  incisiva  e  rapida  vengono
          coinvolti gli analisti strategici di Ernst & Young che già quattordici anni prima avevano

          lavorato per il Governatorato. Questa volta a entrare in azione sono i funzionari di Ernst
          & Young Spagna. In passato avevano preparato parcelle molto pesanti nei confronti del
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