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gestione dell’attività diplomatica e quella più legata agli affari interni. Per quanto
riguarda invece l’aspetto finanziario, Francesco studia i regolamenti per creare un
nuovo organismo che andrà di fatto a «svuotare» i centri di potere che ancora non è
riuscito a destrutturare.
Nel febbraio del 2014, infatti, il papa istituisce motu proprio «un nuovo
coordinamento per gli affari economici e amministrativi», una sorta di superministero
vaticano per l’economia. L’organismo sarà diviso in due: una Segreteria per
l’economia, guidata dal cardinale George Pell, e un Consiglio per l’economia,
composto da otto cardinali e sette laici, di varie nazionalità e con competenze
finanziarie e una riconosciuta professionalità, a cui si aggiunge un revisore generale,
nominato direttamente dal santo padre. E sarà proprio questo nuovo revisore a fare da
cane da guardia al potere costituito. Lo lascia intendere il portavoce della Santa sede
padre Lombardi, seppur con il tono composto e rassicurante dei comunicati ufficiali:
«La Prefettura per gli affari economici, guidata attualmente dal cardinale Giuseppe
Versaldi – dichiara Lombardi ai giornalisti –, viene a essere in stretto rapporto con il
revisore».
Anche le normali attività dell’Apsa saranno di fatto ridimensionate: tutta l’attività
afferente alla gestione immobiliare e del personale diverrà di competenza del nuovo
organismo. Di questa rivoluzionaria riforma decisa «in seguito alle raccomandazioni
della commissione Cosea», come riportano i comunicati ufficiali, ci occuperemo nei
prossimi capitoli. L’agenda dei lavori del papa, infatti, continua a essere frenetica e non
tollera tempi morti.
Altri problemi e altre criticità arrivano da un nuovo fronte, quello del Governatorato,
l’ente che gestisce tutta la parte commerciale (dai musei ai negozi), le forniture
(dall’energia alla telefonia), i lavori edili e gli appalti. Una pioggia di soldi. Francesco
però non arretra. Con i suoi fedelissimi si muove dentro e fuori le mura per cercare
nuovi alleati e rompere definitivamente con il passato.�
47 Come si legge in un appunto del 23 ottobre 2013 inviato dal capo dipartimento Paolo Mennini al cardinal Calcagno,
per l’Apsa la strada per diventare banca centrale era iniziata nel 1940, quando «con una lettera del 10 giugno l’allora
delegato della “sezione speciale”, Bernardino Nogara, richiedeva, per il tramite del nunzio apostolico a Washington,
monsignor Cicognani, e otteneva, grazie all’autorizzazione del ministro del Tesoro degli Stati Uniti, l’apertura di un
conto custodia per le riserve auree della speciale, in precedenza depositate a Londra. Il regolamento delle transazioni
sull’oro avveniva tramite una banca commerciale, la J.P. Morgan di New York. In data 15/2/1954 la Federal Reserve
negava all’Apsa la possibilità di aprire un conto in dollari Usa, poiché la politica della FED prevede tale facilitazione
solo per le banche centrali. Con lettere del 2/3/1976 e 8/3/1976 la Federal Reserve Bank, in seguito a espressa
approvazione del presidente Volcker e del Consiglio dei governatori del Federal Reserve System, apriva all’Apsa
anche il conto in dollari Usa con “full account facilities”, comprendendo quindi la possibilità di investimenti e custodia
titoli. Alle lettere vengono allegate le condizioni di trattamento e operatività riservate esclusivamente alle banche
centrali». Per quanto riguarda invece la Banca dei regolamenti internazionali: «L’Apsa ha venduto l’oro fisico presso la
banca, pur mantenendo attivo il deposito, e attualmente detiene un conto corrente in dollari Usa». Infine i rapporti con
la Banca d’Inghilterra risalgono al 2 ottobre 1989, quando l’Apsa «scrive alla Banca d’Inghilterra chiedendo la
possibilità di aprire un conto custodia oro come generalmente accordato a tutte le altre banche centrali, indicando come