Page 71 - Via Crucis
P. 71
Quei rischi su 10 miliardi di investimenti
Francesco vuole anche sapere come vengono gestite le immense somme di denaro
custodite nei forzieri, frutto di ricavi, offerte, eredità e oboli. Questo patrimonio è
messo a reddito? Dove e secondo quali criteri? Gli investimenti rappresentano una
delle maggiori fonti di guadagno per i conti del Vaticano: garantiscono degli interessi
che possono pagare gli alti costi della curia e aiutare l’azione evangelica. Ma anche qui
sono esposti a rischi altissimi che emergono in tante amministrazioni. A iniziare proprio
dall’Apsa:
Svariate istituzioni vaticane gestiscono beni appartenenti a istituzioni della Santa sede, per un valore di 4 miliardi di
euro, e beni a nome di terzi, per altri 6 miliardi, per un totale di 10 miliardi di euro. Di questi, 9 sono investiti in titoli e
uno in beni immobiliari. Mancanze importanti sono state identificate nella governance, nel processo di investimento e
nella distribuzione degli stessi. Un esempio viene dalla diversificazione del portafoglio finanziario dell’Apsa da 1,1
miliardi di euro a partire dal settembre 2013. Gli investimenti del 60 per cento dei clienti dell’Apsa sono concentrati su
4 o meno titoli. Su 60 clienti dell’Apsa, con un portafoglio attuale di 1,1 miliardi, 35 sono esposti a un tasso di rischio
molto alto nei portafogli, rischio di perdita di valore per assenza di diversificazione.
Altro esempio specifico viene dalla concentrazione di certificati di deposito (CD) dell’Apsa in banche emittenti. Dei
255 milioni investiti l’80 per cento è investito presso (un unico istituto di credito, nda) Banca Prossima, creando alta
esposizione al rischio finanziario. L’Apsa è un’entità ibrida che conduce troppe funzioni: dalla gestione del patrimonio
a servizi a pagamento simili a una banca commerciale, alla procura di liquidità di ultima istanza, alla fornitura di servizi
di supporto (risorse umane, informatica, approvvigionamento) ad altre entità della Santa sede.
In un momento di congiuntura economica particolarmente negativa, i rischi di
concentrare gli investimenti, addirittura l’80 per cento, in un unico istituto di credito o
su pochi titoli, sono davvero rilevanti. Non si trova spiegazione – nei documenti da noi
visionati – sul motivo che spinse i prelati curiali a scegliere Banca Prossima, ma di
certo fu una scelta che mise il risparmiatore – in questo caso lo stesso Vaticano – in una
situazione di rischio. Rimanendo sempre al-l’Apsa, dalle verifiche della società di
consulenza Promontory sono emerse ben 92 disfunzioni con diverse «tipologie di
rischio». Ecco le più rilevanti:
1. Reputazione: alcuni conti correnti identificati con attività sospetta (sono stati, nda) consegnati all’Aif (l’organo
interno di controllo). 2. Perdita di reddito: procedure deboli per la gestione dei beni immobili, performance
insufficiente di titoli. 3. Gestione patrimoniale, il Comitato d’investimento è inefficace. 4. Livello operativo: uso di
ordini cartacei. Non affrontare i rischi identificati potrebbe comportare potenziali importanti perdite finanziarie per la
Santa sede, inabilità di rilevare transazioni sospette e di continuare a procurare liquidità alla Santa sede.
Di fronte a questa situazione siamo in grado di affermare che la rivoluzione di
Francesco accelera con obiettivi e strategie precise: i cardinali della vecchia guardia
non vengono destituiti per evitare scandali e clamore ma di fatto «commissariati», come
Versaldi alla Prefettura, con l’affiancamento del coordinatore di Cosea, Vallejo Balda,
o Calcagno all’Apsa, con un «cordone sanitario» di controllo.
Nel frattempo Francesco prepara una nuova svolta. Tutta la struttura economica della
Santa sede viene ridisegnata, sdoppiando la segreteria di Stato per alleggerire il suo
enorme potere. Al cardinale Parolin e al suo vice Giovanni Angelo Becciu rimarrà la