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L’ascesa di Pell, sopravvissuto agli scandali della pedofilia

          Certamente il curriculum di certi capi scelti dal pontefice non aiuta. A iniziare dallo
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          stesso Pell, promosso cardinale nel 2003 da Giovanni Paolo II,  e il cui controverso
          passato merita una giusta attenzione. Nel 2010 Benedetto XVI lo aveva valutato come
          possibile  prefetto  della  potentissima  Congregazione  per  i  vescovi,  per  succedere  a
          Giovanni Battista Re, giunto all’età della pensione. Quando invece Francesco arriva in

          Vaticano  quasi  non  lo  conosce,  quantomeno  non  ha  con  lui  un  rapporto  di  amicizia,
          sebbene nel 2012 si fossero incontrati quando l’australiano venne nominato Padre della
          XIII assemblea generale del Sinodo dei vescovi.
            In Vaticano, subito dopo l’elezione di Francesco, Pell è uno dei componenti del C15,

          il Consiglio dei cardinali che Bergoglio individua subito come strumento per entrare
          dentro il cuore finanziario della Santa sede. Un’intuizione difficilmente realizzabile. Il
          Consiglio è un organo vetusto e senza grandi poteri. Eppure, potenziandone le funzioni
          con  un audit interno, potrebbe diventare il braccio operativo della rivoluzione dolce

          del papa.
            In  quei  mesi  della  primavera  del  2013  Pell  cerca  di  immaginare  la  strada  del
          cambiamento e di individuare i consiglieri più vicini al pontefice. Intuisce benissimo la
          nuova atmosfera che il santo padre ha intenzione di portare in curia, e vuole avere un

          ruolo  centrale  nel  progetto  di  ristrutturazione  dell’intero  Vaticano.  In  particolare,
          frequenta  il  cardinale  Santos  Abril  y  Castelló,  grande  amico  di  Francesco,  come
          abbiamo visto, e prossimo presidente della commissione sullo Ior. Si avvicina pure a
          monsignor  Vallejo  Balda,  segretario  della  Prefettura,  poi  coordinatore  di  Cosea,  il

          prelato  che  segnala  da  subito  numerose  criticità  al  pontefice,  a  iniziare  da  quelle
          emerse nei conti della basilica di Santa Maria Maggiore. Infine il cardinale australiano
          allaccia  un  solido  rapporto  con  Maradiaga,  l’arcivescovo  di  Tegucigalpa,  capitale
          dell’Honduras, coordinatore dell’allora C8.

            Nei  palazzi  vaticani  i  detrattori  di  Pell  sostengono  che  il  cardinale,  in  quelle
          settimane, avesse un unico obiettivo: ottenere un incarico a Roma e lasciare Sydney,
          sfuggendo così alla severa indagine condotta dalla Commissione nazionale d’inchiesta
          australiana sulle risposte date dalle istituzioni in merito agli abusi sessuali sui minori.

          Si  tratta  di  numerosi  casi  di  pedofilia  che  sarebbero  avvenuti  nella  diocesi  di
          Melbourne  dal  1996  al  2001,  quando  Pell  ne  era  arcivescovo.  Si  ipotizza  che  il
          neoprefetto  non  avrebbe  collaborato  con  gli  investigatori,  omettendo  informazioni  e
          insabbiando così le drammatiche storie di minori abusati da alcuni sacerdoti della sua

          diocesi.  Per  non  parlare  di  quando,  nell’ottobre  del  2002,  lo  stesso  Pell  venne
          scagionato  dall’accusa  di  aver  abusato  di  un  catechista  di  dodici  anni  durante  un
          campus per chierichetti svoltosi nel lontano 1961. O delle accuse rivoltegli da un ex
          chierichetto, John Ellis, poco dopo la nomina a prefetto. Ellis indicò la Chiesa come
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