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Veline e veleni

          Dal  giorno  del  suo  insediamento  alla  Segreteria  per  l’economia,  su  di  lui  vengono
          diffuse veline e veleni. L’obiettivo è quello di isolarlo, screditarlo, sfiancarlo. Anche
          perché il superprogetto di riunire il comando dei dicasteri economici sotto la sua guida

          tarda a concretizzarsi: i trasferimenti delle competenze come il passaggio dell’ufficio
          personale dalla segreteria di Stato a un unico centro gestito da Pell per mesi rimangono
          bloccati. Mancano i regolamenti attuativi, che arriveranno solo nel marzo successivo.

          L’organigramma è rimasto per mesi scoperto. Tutto ciò lascia la situazione dei dicasteri
          economici esattamente come prima: al di là degli annunci, nulla è cambiato. Gli stessi
          annunci vengono ridimensionati, basti pensare a quello relativo al passaggio sotto la
          giurisdizione di Pell della sezione ordinaria dell’Apsa, che si occupa di immobili: non
          se ne fa nulla.

            La Prefettura? Per Pell doveva chiudere al più presto ma per tutta l’estate del 2015
          rimane aperta. Il revisore? Previsto nel febbraio del 2014, viene nominato solo sedici
          mesi dopo, il 5 giugno 2015. Si tratta di Libero Milone, professionista con alle spalle

          trentadue anni di esperienza in Deloitte, società di consulenza per la quale ha svolto
          anche  le  funzioni  di  Ceo  per  l’Italia.  Ma  ancora  adesso,  mentre  questo  libro  va  in
          stampa, deve avere contezza del preciso perimetro nel quale dovrà agire. Nell’estate
          del 2015, tra la Segreteria per l’economia e l’Apsa ci sono state frizioni su chi dovesse
          conservare l’archivio, essendo comunque doppia la competenza sugli immobili: chi li

          gestisce e chi vigila.
            I  quadri  vaticani  osteggiano,  rallentano,  sfibrano  i  progetti  di  Pell  e  Bergoglio,
          convinti che il logoramento deteriori qualsiasi innovazione e faccia perdere credibilità

          a un papa che fa grandi proclami ma che poi vede la sua azione indebolirsi. «Questi»,
          così chiama Francesco alcuni dirigenti della segreteria di Stato senza mai indicarne i
          cognomi. «Una volta – confida un cardinale – si diceva che la Chiesa ha duemila anni e
          sopravvive persino ai sacerdoti, oggi, con amarezza, si dirà che certa curia malsana
          sopravvive persino ai pontefici del cambiamento.»
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