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I costi della commissione

          Eppure  nulla  sembra  rallentare  la  carriera  di  questo  cardinale  che  ora  si  ritrova
          un’agenda fitta di impegni, con l’obiettivo di razionalizzare una volta per tutte i conti
          della curia. Un’azione che andrà pianificata e sviluppata nell’arco di un triennio (2014-

          16).  Una roadmap  che  creerà  scontri  e  nemici  ma  che  può  anche  contare  su  risorse
          assai importanti.
            Nello  schema  istitutivo  la  Segreteria  per  l’economia  risulta  dotata  di  un  budget

          sorprendente:  4,2  milioni  di  euro.  Una  somma  finora  mai  resa  pubblica,  che  crea
          malumori e tensioni nei corridoi della Santa sede. A cosa servono tutti questi soldi?
          Andiamo a vedere i conti. Certo, il dicastero di Pell andrà a pagare le spese di Cosea,
          che  è  costata  2,5  milioni  di  euro.  Nello  specifico,  gran  parte  di  questa  somma  è
          destinata alle parcelle dei consulenti esterni, visto che tutti i membri hanno lavorato pro

          bono.
            Siamo in grado qui, per la prima volta, di documentare con precisione i costi sostenuti
          per il lavoro della commissione. Ci sono 980mila euro a Promontory per le verifiche in

          Apsa,  420mila  a  McKinsey  per  il  Centro  media  vaticano,  270mila  euro  a  Oliver
          Wyman per le analisi sul Fondo pensioni, 230mila a Ernst & Young per le verifiche sul
          Governatorato  e  110mila  a  Kpmg  per  le  procedure  contabili.  Sebbene  le  somme
          ufficiali non usciranno mai dalla piccola cerchia dei fedelissimi del papa, i costi delle
          consulenze rappresenteranno la base per uno dei primi attacchi a Francesco: perché ci

          si affida a gruppi internazionali il cui lavoro è così costoso? Come può la Santa sede
          migliorare i bilanci se poi spende somme considerevoli per le nuove consulenze?
            È interessante anche capire come è stata spesa l’altra parte della somma inizialmente

          prevista,  visto  che  la  struttura  diverrà  pienamente  operativa  solo  un  anno  dopo,  nel
          marzo  del  2015,  con  l’approvazione  degli  statuti.  Nel  2014,  secondo  alcune
          ricostruzioni  giornalistiche,  emerge  che  vengono  spesi  oltre  500mila  euro  tra  viaggi,
          computer,  vestiti  e  consulenze,  a  iniziare  da  quella  di  Danny  Casey,  un  laico,  già
          business manager dell’arcidiocesi di Sydney e da sempre amico di Pell, che avrebbe

          ricevuto 15mila euro al mese per la sua collaborazione:

            Per Casey la Segreteria per l’economia ha pure affittato una casa da 2900 euro al mese a via dei Coronari e ha
            pagato arredi di qualità per l’ufficio e per l’abitazione: le tabelle segnano alla voce «tappezzeria» 7292 euro, quasi
            47mila per «mobili e armadi», tra cui un sottolavello da 4600 euro, oltre a lavori vari da 33mila euro. Il cardinale (Pell,
            nda) ha messo in nota spese anche gli acquisti fatti al negozio Gammarelli, sartoria storica che dal 1798 veste la
            curia della città eterna: in genere i porporati pagano di tasca loro tuniche e berretta ma stavolta la  Segreteria ha
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            fatturato direttamente abiti per 2508 euro.
          In realtà  Pell fa paura, sebbene abbia un passato controverso e una evidente e assai

          discutibile leggerezza nella gestione delle spese, soprattutto in un momento di tagli e
          rigore. E per molti in curia è questa la ragione principale che sta dietro gli attacchi nei
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