Page 106 - Via Crucis
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            Attualmente su questi terreni, come detto, opera la società agricola San Giuseppe, che
          annovera tra i suoi soci un altro Calcagno. Non Domenico, questa volta, ma Giuseppe.

          È forse parente del cardinale? Su questo potenziale conflitto d’interessi si sviluppano
          accertamenti  e  indagini.  Dalla  Prefettura  chiedono  conto  proprio  al  porporato  che,
          stizzito, pur di smentire qualsiasi consanguineità, dispone delle verifiche tra le lapidi
          del  cimitero  di  famiglia.  Al  rientro  in  Vaticano  di  quelli  che  potremmo  indicare

          impropriamente come «ispettori cimiteriali», Calcagno scrive: «Dalle notizie ricavate
          dalle  lapidi  del  cimitero  di  Tramontana  non  è  possibile  risalire  al  punto  di  contatto
          genealogico  con  l’eventuale  capostipite  comune».  Gli  uomini  mandati  da  Calcagno
          indicano nome per nome tutta la sequenza, che parte da bisnonno Pietro. «Quando ero

          seminarista  avevo  chiesto  al  parroco  –  conclude  il  prelato  –  di  visionare  i  registri
          parrocchiali. Ricordo che fin dall’inizio la ricerca si era dimostrata improba perché a
          partire dalla fine del 1500 la stragrande maggioranza degli abitanti di Tramontana era
          classificata  come  Calcaneus  de  Calcaneis.  Per  evitare  consanguineità  normalmente  i

          maschi  delle  famiglie  Calcagno  sposavano  donne  con  altro  cognome.» Allegato  alla
          lettera c’è però uno schema dal quale parrebbe che tra lui e Mariangela, la moglie di
          Giuseppe Calcagno, ci sia un legame seppure assai lontano: sarebbero cugini di quarto
          grado.

            Il legame tra la società agricola e il Vaticano risulta ancora forte se alcuni parenti dei
          fattori raccontano che la famiglia romena «lavora per il Vaticano, ed è il Vaticano a
          portare qui di tanto in tanto altri braccianti, quando ce n’è bisogno».
            Dal database dell’Apsa che abbiamo visionato si trova conferma che cinque particelle

          di  terreno  al  civico  1351  sono  di  sua  proprietà,  così  come  quattro  edifici,  tre
          appartamenti, un «complesso residenziale», undici magazzini e tre depositi. Tutti i beni
          risultano non affittati, a eccezione della casa da 75 metri quadrati, abitata dal fattore e
          dalla sua famiglia. E nelle altre case chi ci vive? È un mistero coperto dal segreto più

          assoluto. In Santa sede girano voci di affitti risibili pagati da alti prelati, pigioni da 150
          euro al mese, pur di poter godere di una di queste case immerse nella natura, un rifugio
          ideale alle porte della città. Certo, non lo si può escludere ma, stando ai dati ufficiali
          del database, se questo fatto fosse vero si tratterebbe di locazioni fantasma. Di certo

          sulla  fattoria  convergono  attenzioni  e  interessi  di  rilievo.  Non  a  caso  proprio  papa
          Francesco,  tramite  specifico  chirografo,  il  13  aprile  2013  aveva  dato  a  Calcagno
          «mandato  di  provvedere  a  ogni  atto  giuridico,  compresa  la  facoltà  di  agire  in  sede
          giudiziaria» sulla tenuta attigua dell’Acquafredda. Il papa concedeva quindi a Calcagno

          la possibilità di alienare il bene o affidarlo a terzi.
            Più  volte  erano  state  avanzate  idee  e  proposte.  Nel  2008,  ad  esempio,  si  voleva
          realizzare lì un impianto fotovoltaico: un ambizioso progetto da 203mila euro annui di
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