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Attualmente su questi terreni, come detto, opera la società agricola San Giuseppe, che
annovera tra i suoi soci un altro Calcagno. Non Domenico, questa volta, ma Giuseppe.
È forse parente del cardinale? Su questo potenziale conflitto d’interessi si sviluppano
accertamenti e indagini. Dalla Prefettura chiedono conto proprio al porporato che,
stizzito, pur di smentire qualsiasi consanguineità, dispone delle verifiche tra le lapidi
del cimitero di famiglia. Al rientro in Vaticano di quelli che potremmo indicare
impropriamente come «ispettori cimiteriali», Calcagno scrive: «Dalle notizie ricavate
dalle lapidi del cimitero di Tramontana non è possibile risalire al punto di contatto
genealogico con l’eventuale capostipite comune». Gli uomini mandati da Calcagno
indicano nome per nome tutta la sequenza, che parte da bisnonno Pietro. «Quando ero
seminarista avevo chiesto al parroco – conclude il prelato – di visionare i registri
parrocchiali. Ricordo che fin dall’inizio la ricerca si era dimostrata improba perché a
partire dalla fine del 1500 la stragrande maggioranza degli abitanti di Tramontana era
classificata come Calcaneus de Calcaneis. Per evitare consanguineità normalmente i
maschi delle famiglie Calcagno sposavano donne con altro cognome.» Allegato alla
lettera c’è però uno schema dal quale parrebbe che tra lui e Mariangela, la moglie di
Giuseppe Calcagno, ci sia un legame seppure assai lontano: sarebbero cugini di quarto
grado.
Il legame tra la società agricola e il Vaticano risulta ancora forte se alcuni parenti dei
fattori raccontano che la famiglia romena «lavora per il Vaticano, ed è il Vaticano a
portare qui di tanto in tanto altri braccianti, quando ce n’è bisogno».
Dal database dell’Apsa che abbiamo visionato si trova conferma che cinque particelle
di terreno al civico 1351 sono di sua proprietà, così come quattro edifici, tre
appartamenti, un «complesso residenziale», undici magazzini e tre depositi. Tutti i beni
risultano non affittati, a eccezione della casa da 75 metri quadrati, abitata dal fattore e
dalla sua famiglia. E nelle altre case chi ci vive? È un mistero coperto dal segreto più
assoluto. In Santa sede girano voci di affitti risibili pagati da alti prelati, pigioni da 150
euro al mese, pur di poter godere di una di queste case immerse nella natura, un rifugio
ideale alle porte della città. Certo, non lo si può escludere ma, stando ai dati ufficiali
del database, se questo fatto fosse vero si tratterebbe di locazioni fantasma. Di certo
sulla fattoria convergono attenzioni e interessi di rilievo. Non a caso proprio papa
Francesco, tramite specifico chirografo, il 13 aprile 2013 aveva dato a Calcagno
«mandato di provvedere a ogni atto giuridico, compresa la facoltà di agire in sede
giudiziaria» sulla tenuta attigua dell’Acquafredda. Il papa concedeva quindi a Calcagno
la possibilità di alienare il bene o affidarlo a terzi.
Più volte erano state avanzate idee e proposte. Nel 2008, ad esempio, si voleva
realizzare lì un impianto fotovoltaico: un ambizioso progetto da 203mila euro annui di