Page 102 - Via Crucis
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I veleni curiali contro gli amici di Francesco

          La storia che segue è inedita e accende una luce importante sulle lotte interne e sulle
          invidie  che  governano  la  vita  in  curia.  Inconsapevole  protagonista  nientemeno  che
          Benedetto XVI in persona. Il professor Guzmán Carriquiry Lecour è uno dei burocrati

          più potenti e apprezzati nella Santa sede: è cresciuto professionalmente con Wojtyla e
          con Ratzinger ed è stato confermato nei suoi importanti incarichi da Bergoglio. Nato nel
          1944 a Montevideo (Uruguay), è stato negli anni dirigente della Gioventù studentesca e

          universitaria cattolica, prima nel suo paese di origine e poi responsabile per l’America
          Latina. Avvocato, inizia il suo servizio presso la Santa sede negli anni Settanta. Nel
          1991 papa Giovanni Paolo II lo nomina sottosegretario del Pontificio consiglio per i
          laici,  incarico  poi  confermato  dal  suo  successore  Benedetto  XVI,  che  nel  2011  lo
          nomina segretario della Pontificia commissione per l’America Latina. È ritenuto oggi

          forse il laico più influente e autorevole in tutto il Vaticano, svolge un ruolo strategico,
          ancor  di  più  dopo  l’ascesa  al  soglio  di  Pietro  di  papa  Francesco.  Con  Bergoglio,
          Guzmán ha un rapporto di autentica amicizia. I due si conoscono da anni. C’è sincero

          affetto e stima.  Insomma, il professore è amico personale del papa.  Sposato, quattro
          figli, Guzmán vive a titolo gratuito in via delle Grazie a Roma, in un appartamento di
          138 metri quadrati. La casa dista poche decine di metri da piazza San Pietro e da Porta
          Sant’Anna, il varco più vicino al torrione di Niccolò V che ospita gli uffici dello Ior.
            A  segnalare  alla  commissione  Cosea  questo  affitto  a  canone  zero  è  il  presidente

          dell’Apsa, il cardinale Calcagno, machiavellico prelato, come abbiamo già avuto modo
          di  raccontare,  sottile  conoscitore  dei  segreti  curiali.  Il  30  settembre  2013  Calcagno
          inoltra  al  numero  uno  della  commissione  pontificia  le  riflessioni  contenute  nel  file

          «Zahra.doc». L’atto è scritto su carta semplice, privo di firma. In apparenza, almeno
          nella prima parte, si tratta di una relazione sulla difficoltà con la quale l’Apsa gestisce
          parte  dei  beni  della  Santa  sede.  La  situazione  descritta  nel  documento  è  davvero
          caotica, sfiora l’anarchia e non mancano autentiche frecciate:

            La  situazione  amministrativa  della  Santa  sede,  almeno  per  quanto  se  ne  può  dire  dal  punto  di  osservazione
            dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), è caratterizzata da non poche zone d’ombra che,
            negli ultimi decenni, invece che dipanarsi si sono progressivamente intensificate.
            Deve,  purtroppo,  essere  rilevato  un  atteggiamento  di  presunzione  amministrativa  di  alcune  realtà  vaticane  che  si
            ritengono in qualche modo sottratte alla necessità di controlli gestionali e di eventuali osservazioni su criteri di spesa e
            di rispetto del budget annuale previsto. Le situazioni che vengono per prime alla memoria sono quelle della Prefettura
            della casa pontificia e dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice: in entrambi i casi non è raro
            sentirsi rispondere, sia pur elegantemente, che non si possono esprimere osservazioni in quanto si tratta di realtà che
            devono  provvedere  alla  persona  del  santo  padre.  Spesso  da  vari  enti  vaticani  viene  malvista  ogni  precisazione  o
            censura che l’Apsa presenta di fronte a richieste, o spese già effettuate, condotte nella linea del lusso e della carenza
            di moderazione.
            Al moltiplicarsi di enti e fondazioni si è aggiunta l’amplificazione dell’ufficio amministrativo della segreteria di Stato
            che non si limita alla gestione di eventuali profili delicati che il santo padre vuole riservare alla stessa ma, in buona
            sostanza,  gestisce  e  amministra  una  parte  assai  considerevole  di  danaro,  sulla  cui  provenienza  e  criteri  gestionali
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            nessuno sa e può dire, nemmeno la Prefettura per gli affari economici della Santa sede.
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