Page 104 - Via Crucis
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La fattoria degli animali

          A poche centinaia di metri dal cimitero Laurentino, consacrato il 9 marzo 2002, si trova
          la  società  agricola  San  Giuseppe.  Siamo  a  Roma  Sud,  una  delle  zone  a  maggiore
          espansione edilizia della capitale. Da queste parti la fame di cemento si è tradotta nel

          quartiere di Fonte Laurentina: alcune migliaia di alloggi a prezzi popolari in prossimità
          del Gra, il grande raccordo anulare, la tangenziale che corre lungo tutto il perimetro
          della capitale.

            Per ora, però, distese agricole e campi la fanno ancora da padroni e la zona risulta
          relativamente tranquilla, un’oasi di pace e ristoro dalla caoticità della metropoli, se non
          fosse per il macabro ritrovamento, l’8 marzo 2011, di un corpo di donna mutilato di
          gambe e braccia, completamente eviscerato, avvolto nel fil di ferro. Un delitto ancora
          oggi avvolto nel più assoluto mistero.

            Non molto distante da Porta Medaglia si trova la società agricola San Giuseppe, via
          Laurentina 1351, costituita come società semplice l’8 giugno 2011. Ventidue ettari circa
          di terreno caratterizzati da una coltura prevalente a pieno campo (grano-foraggi), erba

          medica  e,  soprattutto,  ulivi.  In  origine  le  piante  erano  oltre  ottocento,  da  cui  viene
          ricavato olio con spremitura a freddo. Ad annunciare il nome dell’azienda è un piccolo
          cartello, semplice anche questo, posto all’ingresso della tenuta. Ci sono indicati i nomi
          dei fattori, una famiglia di romeni – padre, madre, due figli – che si prendono cura dei
          terreni. Vivono lì in un’abitazione dell’Apsa, con un contratto di comodato gratuito. È

          una sorveglianza divenuta indispensabile dopo che questa promettente realtà agricola
          era  diventata  la  base  logistica  addirittura  di  una  banda  di  ladri.  È  quanto  spiega  il
          cardinale  Calcagno  in  una  lettera  che  spedisce  a  Versaldi  il  29  maggio  2013  per

          rispondere  alle  prime  richieste  urgenti  di  chiarimenti,  avanzate  dagli  uomini  di
          Bergoglio:

            La recinzione era stata tagliata in diversi punti e una zona fuori mano della tenuta era stata utilizzata da una banda di
            ladri come deposito di materiale elettrico (cavi di rame) rubato. È stata sporta denuncia ai carabinieri della caserma
            di via Ardeatina che hanno fatto appostamenti per sorprendere i ladri in fase di recupero della refurtiva. Durante un
            violento  temporale  abbattutosi  sulla  zona  di  notte,  assente  la  pattuglia  dei  carabinieri,  i  ladri  hanno  asportato  la
            refurtiva.

          Appena varcato il cancello, ci si ritrova immediatamente in campagna. Sulla destra un
          viottolo – incorniciato da due file di ulivi, ventidue piante per lato – che porta a un
          casolare,  apparentemente  disabitato  ma  ben  tenuto.  Spiccano  lateralmente,  al  primo

          piano,  l’intonaco  rifatto  e  gli  infissi  nuovi,  come  se  solo  una  parte  fosse  stata
          ristrutturata di recente. Il cammino verso l’edificio, un centinaio di metri, è piacevole:
          si viene accolti da tacchini, galline, oche e da una coppia di pavoni, il cui maschio ha il
          vizio di cantare soprattutto di notte, tenendo svegli i vicini. Nelle stalle ci sarebbero

          anche tre cavalli e due asini. Poco più avanti un orto di un migliaio di metri quadrati.
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