Page 67 - Peccato originale
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quote era stata perfezionata attraverso una sofisticata
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operazione di ingegneria finanziaria che in Vaticano tutti
sapevano non essere opera del vescovo-banchiere
americano quanto di dirigenti spregiudicati come Luigi
Mennini, il laico più potente dell’istituto di credito, figlio
di un ferroviere e padre di quattordici figli, anziano
banchiere che da un modesto ufficio, arredato alla buona,
coordinava ogni movimento.
Il presidente dello Ior aveva concluso l’affare con
Roberto Calvi senza coinvolgere e nemmeno avvisare né il
patriarca di Venezia né i vescovi veneti, provocando forte
risentimento. Perché cedere una banca storica del mondo
cattolico a un istituto guidato da un banchiere privato
poco limpido come Calvi? Luciani voleva capirne di più, e
desiderava marcare il proprio dissenso. Così aveva
ottenuto un appuntamento con Giulio Andreotti e,
successivamente, udienza da Paolo VI, al quale voleva
personalmente esprimere il suo profondo rammarico per
quella operazione. Il papa lo aveva accolto calorosamente,
senza però dare particolare rilievo alle sue lamentele. Per
tranquillizzare il patriarca di Venezia, Paolo VI lo invitò a
rivolgersi direttamente a Marcinkus: da lui avrebbe
ricevuto ogni chiarimento. Almeno così sperava Albino
Luciani. Da qui l’incontro tra il pastore veneto e il numero
uno delle finanze vaticane, del quale questo libro per la
prima volta rende pubblico il contenuto.
La segretaria di Marcinkus annuncia dunque l’ingresso
di Luciani nell’ufficio. I suoi accompagnatori restano in
sala d’attesa. Senza entusiasmo, il patriarca di Venezia
varca la soglia e si avvicina all’americano. Sono uno di
fronte all’altro, Luciani salta ogni preambolo e protesta,
senza mai alzare la voce. Prefigura persino l’ipotesi che la
diocesi veneziana chiuderà i conti per trasferirli in un altro
istituto, il Banco San Marco. Albino Luciani è un
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sacerdote conosciuto per l’aria delicata e una certa
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