Page 26 - Peccato originale
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qualsiasi tipo di richiesta. Il magistrato trattiene a fatica lo
stupore ma non si fa cogliere impreparato. Chiede
informazioni certe e concrete che possano determinare il
recupero del corpo di Emanuela Orlandi o quantomeno
individuare la tomba che l’ha ospitato. Di fronte a questa
richiesta il monsignore non si ritrae, non si schernisce.
Rimane in silenzio solo qualche secondo. «Per rispondere
a una domanda come questa – dice – devo parlare con i
miei superiori, il segretario di Stato. Le saprò dire.» E si
congeda.
Il pool che indaga sulla scomparsa della ragazza si
sente per la prima volta a un passo dalla svolta, dopo
decenni di buio assoluto e depistaggi. Di questa trattativa,
però, non deve trapelare nulla sui giornali perché farebbe
saltare il dialogo con il Vaticano. Infatti nei giorni
successivi nessuna indiscrezione esce sulla stampa. Non
rimane che attendere il nuovo incontro. Ma la trattativa è
aperta.
Lo Stato italiano, con la magistratura, non è nuovo a
questo tipo d’iniziative che vanno a svilupparsi o a
intrecciarsi con indagini complesse. Dal rapimento Moro
al caso Ciro Cirillo, dalla vicenda dell’Achille Lauro ai
sequestri di ’ndrangheta, con il pagamento dei riscatti e i
fondi riservati dell’allora Sisde, i servizi segreti civili, fino
ai recenti rapimenti di cooperatori internazionali in zone
di guerra, la trattativa riservata è sempre stata uno
strumento utilizzato in momenti decisivi di certe
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inchieste. Adesso, però, per la prima volta, era il
Vaticano a farsi avanti, ad aprire un confronto tra esigenze
fino a quel momento inconciliabili: da una parte quelle
della Santa sede, colpita dagli echi di questa storia che
aveva suoi esponenti tra i protagonisti, dall’altra quelle
dell’autorità giudiziaria italiana chiamata a individuare i
possibili sequestratori e assassini.
Dai tempi del crac dell’Ambrosiano e del mancato
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