Page 24 - Peccato originale
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suggeriscono al monsignore di essere sempre
particolarmente cortese, in modo da consolidare quel
clima di confidenza indispensabile per compiere il passo
decisivo. Così, a dicembre, nella conversazione seguente, il
monsignore manifesta sì «dolore» per la scomparsa di
Emanuela ma soprattutto «disagio» per i «sospetti» e i
«pettegolezzi» di chi, a suo dire, stava strumentalizzando
la vicenda per recare «danno e nocumento alla Chiesa». In
particolare, il sacerdote fa continuo riferimento alle
periodiche indiscrezioni e dietrologie sulla tomba nella
cripta e sull’accordo per la sepoltura di De Pedis, firmato
nel 1990 dal cardinale Ugo Poletti. Un accordo che rivela
la sorprendente prossimità del Vaticano con la famiglia di
un famoso malavitoso e che pone inquietanti interrogativi.
«Scusi, perché non spostate la salma?» lo interrompe
provocatoriamente Capaldo. Il prelato fissa il magistrato
negli occhi: «Non sa quante volte abbiamo valutato questa
possibilità. Certo, si sanerebbe una ferita ancora aperta,
mettendo finalmente a tacere le malelingue. Ma non
possiamo: c’è un accordo firmato dal cardinale Poletti con
la famiglia, un atto ufficiale, quindi, che lo impedisce. Non
si può certo sconfessare la firma di un cardinale!». Il
magistrato non trattiene una leggera smorfia. Da alcune
deposizioni, infatti, risultava che per la sepoltura il
Vaticano avesse incassato oltre 500 milioni di lire. Una
somma enorme, parecchio diversa da quei 37 milioni di
lire ufficiali indicati dalla vedova di De Pedis. 5
Capaldo ascolta e si mostra comprensivo. È una
posizione d’attesa, la sua, non prevenuta, per questo viene
apprezzata in curia. L’atteggiamento del magistrato mette
sempre più a proprio agio il monsignore che, al rientro da
questo secondo appuntamento, si fa coraggio e raggiunge
in fretta il palazzo apostolico e gli uffici della segreteria di
Stato. Desidera incontrare i suoi superiori e descrivere
loro la natura del rapporto instaurato con il procuratore
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