Page 245 - Peccato originale
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lascia attoniti il solo pensare che ormai la droga e i festini
gay siano entrati in Vaticano, e smarriti che la notizia della
perquisizione sia stata tenuta segreta per oltre tre mesi.
Siamo in pieno pontificato di Francesco ma
evidentemente nascondere le cose è consuetudine davvero
difficile da sradicare. Per settimane e settimane la storia di
don Luigi è rimasta un segreto custodito da pochi,
patrimonio esclusivo della gerarchia vaticana. Un segreto
protetto dai gendarmi, dai medici della clinica dove il
monsignore è stato curato per disintossicarsi e dai pastori
del monastero dove è stato poi ospitato.
Una riservatezza quasi ossessiva, portata avanti per
diversi e opposti motivi, che merita un approfondimento
per provare a chiarire i motivi di questo anacronistico
silenzio che ancora oggi va a incidere su una situazione già
compromessa dai tanti scandali irrisolti, lasciando
impuniti i responsabili.
Alla base c’è sicuramente la volontà di proteggere il
pontificato da episodi che rischiano di incrinare la fiducia
verso il papa. Questo è facilitato dall’assenza nel piccolo
Stato di una stampa libera e indipendente. Ogni organo
d’informazione, dalla tv alla radio, dall’«Osservatore
Romano» al servizio d’informazione religiosa, dipende
direttamente dal governo della Città del Vaticano. Ed è
quindi impensabile che questi mezzi diano notizie diverse
da quelle decise dalle autorità centrali e, in particolare,
dalla segreteria per la Comunicazione. Con le dovute
differenze, essendo comunque il Vaticano una monarchia
assoluta, è come se in uno Stato gli unici media presenti
fossero capillarmente controllati dal governo: impossibile
che escano notizie che possano evidenziare situazioni
negative. La quotidianità del Vaticano è seguita da un
consistente gruppo di giornalisti, corrispondenti da Roma
dei principali media mondiali, e da altrettanti colleghi
italiani chiamati «vaticanisti» proprio perché specializzati
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