Page 242 - Peccato originale
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Droga e party gay al Sant’Uffizio
In questo caso, le prime notizie informali alla
Gendarmeria, il corpo di polizia all’interno del Vaticano,
erano arrivate nell’inverno del 2016, tramite una lettera
anonima in cui si raccontava senza particolari dettagli di
alcuni incontri a luci rosse che si consumavano in uno
degli edifici più importanti e simbolici nello scacchiere
della Santa sede: il palazzo del Sant’Uffizio, o della
Congregazione per la dottrina della fede, come si chiama
dal 1965, secondo l’indicazione di Paolo VI. Posto a
ridosso del colonnato, l’edificio sorge sul confine tra Italia
e Vaticano, tanto da far parte di quelle proprietà che
godono della cosiddetta extraterritorialità perché, pur
essendo su suolo italiano, sono a tutti gli effetti pertinenze
della Santa sede. Nella dimora vivono cardinali influenti
come l’ex segretario particolare di Benedetto XVI, il
tedesco Josef Clemens, e, all’ultimo piano con attico e
superattico che affacciano su piazza San Pietro, l’ex
numero uno della Prefettura degli affari economici, il
cardinale Velasio De Paolis.
Nei mesi successivi alla ricezione della lettera anonima,
erano scattati alcuni approfondimenti disposti con
discrezione dal comandante della Gendarmeria, Domenico
Giani, che aveva fatto avvicinare alcune suore che
vivevano con i porporati nel palazzo per capire meglio
cosa stesse accadendo. In queste situazioni la
Gendarmeria si muove confrontandosi con l’arcivescovo
Giovanni Angelo Becciu, potente ministro dell’Interno
vaticano. Becciu è soprattutto una delle eminenze grigie
della curia dai tempi di Ratzinger, cresciuto ancor più nel
dopo-Bertone, andando a occupare tutti quei significativi
vuoti di potere lasciati dal prudente e defilato nuovo
segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Come
sostituto della segreteria di Stato, Becciu aveva dato il
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