Page 244 - Peccato originale
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perché i privilegi o presunti tali dei quali godeva Capozzi
                avevano indispettito più di un porporato e diversi vicini di

                casa  dell’ex  Sant’Uffizio.  A  iniziare  proprio  dal  domicilio
                in  quel  prestigioso  edificio,  i  cui  appartamenti  sono

                normalmente concessi solo ai più importanti cardinali e ai
                capi dicastero, fino all’auto di grossa cilindrata che, grazie
                alla  targa  Scv  (Stato  Città  del  Vaticano),  permette  di

                evitare perquisizioni da parte della polizia italiana.
                    Le voci su di lui si erano ulteriormente infittite con il

                progressivo  aumentare  delle  lamentele  sul  viavai  di
                giovani da e verso la sua abitazione. Da qui la scelta della
                Gendarmeria di compiere un blitz, certa che non avrebbe

                fatto  un  buco  nell’acqua.  Una  sera  di  aprile  la  polizia
                vaticana aveva così suonato senza tanti preamboli a casa

                Capozzi. Aperta la porta, i gendarmi si erano imbattuti in
                un party gay a base di cocaina. Il sacerdote, all’apparenza

                poco  lucido,  aveva  cercato  di  improvvisare  qualche
                giustificazione, ma la situazione era indifendibile. Durante

                la perquisizione erano stati sequestrati alcuni grammi di
                cocaina che monsignor Luigi aveva in casa per rendere più
                festosi  i  suoi  incontri  omosessuali.  Proprio  nel  palazzo

                dove per un quarto di secolo Ratzinger aveva indicato la
                dottrina  della  fede.  La  droga  aveva  reso  ormai

                completamente dipendente il monsignore. Così era finito
                prima in clinica per disintossicarsi, poi in un monastero,

                dove  si  era  trattenuto  a  lungo  e  da  dove  però  ancora
                comunicava con il cellulare. Ed è illuminante il tenore del

                suo status nel servizio di messaggeria di WhatsApp: «La
                vita  è  troppo  strana»  scrive.  «Ci  vuole  la  tristezza  per
                sapere  cosa  sia  la  felicità,  il  rumore  per  apprezzare  il

                silenzio e l’assenza per valutare la presenza.» Da parte sua
                Coccopalmerio,  il  cardinale  che  più  di  tutti  lo  aveva

                seguito  negli  ultimi  anni,  si  era  chiuso  in  un  rassegnato
                mutismo, vedendo incrinata anche la propria immagine.
                    Nel  piccolo  Stato  la  notizia  crea  un  doppio  scalpore:




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