Page 182 - Peccato originale
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chiare e illuminanti.
La situazione così si sblocca. Parolin ne parla con papa
Francesco. Si trova un nuovo incarico, ma solo nel luglio
del 2015, dopo mesi e mesi di melina, lungaggini
burocratiche, e mettendo in minoranza chi, indifferente
all’insegnamento del perdono, cercava di far saltare il
reinserimento di Gabriele. «Senza questi scandali –
commenta un anziano cardinale in curia – non ci sarebbe
stata in conclave quella spinta a fare un passo così forte,
come è stato quello che ha portato all’elezione di
Francesco.» Resta da capire se Gabriele abbia agito, come
lui sostiene, in autonomia, o se sia stato sostenuto
all’interno del Vaticano da chi voleva aiutare il pontefice,
come ritiene invece chi scrive.
Alla fine l’ex maggiordomo è stato posto alle
dipendenze del cardinale americano James Michael
Harvey, classe 1949, arciprete della basilica di San Paolo
fuori le mura: un incarico che di solito viene affidato a
porporati in età avanzata (tra gli ultimi cardinali
predecessori, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo,
ottant’anni, e Francesco Monterisi, settantacinque), per
gratificarli al termine del loro servizio alla Chiesa. Harvey
di anni ne ha «solo» sessantatré quando è nominato. In
curia le malelingue attribuiscono al porporato il ruolo di
artefice della carriera compiuta da Gabriele nella casa
pontificia, dove svolgeva la funzione di prefetto, prima di
passare il testimone, nel novembre del 2012, a Gänswein:
pagherebbe dunque la colpa di aver proposto Gabriele
prima come domestico poi come aiutante
nell’appartamento pontificio. La curia non dimentica, e
soprattutto non perdona.
Il periodo tra la fine del 2011 e la prima metà del 2012 è
dunque decisivo per capire la lotta in corso ancora oggi,
con Francesco. Un susseguirsi di reazioni a catena. Il papa
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