Page 180 - Peccato originale
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Gabriele scrive due lettere a Benedetto XVI. Chiede e
ottiene perdono. Il pontefice gli concede la grazia,
soprattutto per ridare alla famiglia del suo ex assistente
quella serenità e quella sicurezza che ha perduto. Il
rapporto con Benedetto XVI resta saldo e profondo. Oggi
Gabriele vive fuori le mura vaticane. È vicino di casa di
Ingrid Stampa, una delle persone più prossime a
Ratzinger. A Natale riceve dei pensieri dal papa emerito.
Su di lui, però, pende sempre una spada di Damocle: è
ancora aperto un procedimento contro ignoti per calunnia
e diffamazione nei confronti di Giani, vilipendio alle
istituzioni, attacco alla sicurezza dello Stato.
Così, se Gabriele sbaglia anche una sola mossa, c’è un
fascicolo già pronto per l’uso. Forse per questo lui ha
preferito scegliere un profilo basso. Si muove defilato. Mai
un’intervista, una dichiarazione, e respinge al mittente le
numerose proposte di raccontare in un film o in un libro la
vita di papa Benedetto. Cerca solo di essere dimenticato e
ricostruirsi un’esistenza normale. Subito dopo lo scandalo,
il processo e il perdono del papa, era filtrata la notizia che
il Vaticano avesse concesso magnanimamente un lavoro
all’ex maggiordomo, questa volta fuori le mura. In realtà
Gabriele non era dipendente della Santa sede: risultava
assunto con uno stipendio base di mille euro in una
cooperativa che svolgeva servizi per l’ospedale Bambino
Gesù. Fino a un epilogo non proprio felice: prima la
tristezza per il fatto che praticamente non lo facevano
lavorare, poi la decisione di licenziarsi. Evidentemente
Gabriele, da quanto raccontano alcuni colleghi, non
accettava l’idea di ricevere uno stipendio senza far nulla,
di dover ancora pagare chissà cosa dopo aver saldato i
conti con la giustizia vaticana e aver ricevuto affetto e
perdono dal papa emerito. Con questi pensieri, scrive una
lunga missiva al cardinale Parolin, chiedendogli un
incontro e confidando nella rettitudine del nuovo
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