Page 179 - Peccato originale
P. 179
Sono in molti a cercare di screditarlo, come hanno fatto
con Gotti Tedeschi, come faranno qualche anno dopo con
monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, il coordinatore di
Cosea, la commissione d’inchiesta sulle finanze vaticane
voluta da Francesco nell’estate del 2013. E come,
nell’estate del 2017, faranno con il revisore dei conti
Libero Milone, per spiegare la sua estromissione. Sono
tutte persone psicologicamente labili: così vengono
liquidati in curia.
Gabriele perde il lavoro, la casa e la reputazione pur di
far conoscere alcuni degli scandali che segnano la vita dei
sacri palazzi. Le sue denunce però non cadono nel vuoto.
In parallelo, Ratzinger affida al cardinale Julián Herranz e
ad altri due porporati un lavoro di approfondimento sui
mali oscuri della curia. Un approfondimento certosino,
portato avanti nell’estate e nell’autunno del 2012 e
culminato in una voluminosa relazione finale che viene
consegnata a Ratzinger nel dicembre del 2012. Saranno le
carte che Benedetto XVI consegnerà al nuovo pontefice,
papa Francesco, durante il loro primo incontro nella
biblioteca di Castel Gandolfo, il 23 marzo 2013. Senza
Paolo Gabriele, la commissione Herranz non sarebbe stata
costituita, Benedetto XVI non avrebbe fatto scandagliare
in profondità i misteri del piccolo Stato. Forse nemmeno
si sarebbe dimesso, ultima disperata mossa per recuperare
quella credibilità che i mercanti del tempio stavano
progressivamente dilaniando. Finito il processo, Gabriele
subisce una pena blanda: la corte concede significative
attenuanti, partendo dal convincimento oggettivo che l’ex
maggiordomo, per più ragioni, avrebbe agito per il bene
della Chiesa. Una pena mite, dunque, niente in confronto
a quanto le veline che uscivano dalla segreteria di Stato
facevano ventilare subito dopo l’arresto, pur di seppellire
nel fango quest’uomo di fede, incensurato, servitore di
Ratzinger, esasperato dai soprusi a cui da anni assisteva.
182