Page 137 - Peccato originale
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santi in paradiso. Bertone non lo ha mai amato,
ritenendolo, tra l’altro, troppo vicino a Giovanni Bazoli,
banchiere duellante con quel Cesare Geronzi al quale il
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segretario vaticano è «storicamente» legato. Senza
dimenticare un altro aspetto che potrebbe essere foriero di
scandali: già in quei mesi, su Caloia iniziano a addensarsi
dubbi e perplessità per alcune vendite di beni dello Ior che
sarebbero stati ceduti a prezzi di favore. Un’ipotesi che,
all’epoca, era solo in fase embrionale – verrà alla luce con
un’inchiesta interna per peculato solo nell’autunno del
2015 (ancora in corso) – ma che viene utilizzata per far
cambiare idea a chi, in curia, insiste nel voler mantenere il
presidente al suo posto.
Quegli incontri riservati tra Ratzinger e Gotti
Tedeschi
Il pretesto per cacciare Caloia è ulteriormente rafforzato,
secondo osservatori stranieri come Philip Willan del
«Guardian» e lo scrittore e giornalista americano Gerald
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Posner, dall’uscita, nel maggio del 2009, del mio saggio
Vaticano S.p.A., nel quale, con numerosi documenti
inediti e riservati, veniva mostrato come il presidente
dello Ior avesse subìto gli eredi di Marcinkus, capaci di
portare avanti importanti operazioni illegali: era l’inizio
degli anni Novanta, l’Italia era travolta da Tangentopoli
mentre alla banca del papa troppe cose avvenivano
all’insaputa del suo presidente.
Nei venti anni al vertice, l’autonomia di Caloia si era
progressivamente indebolita, mentre cresceva il peso del
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direttore generale dell’istituto, Paolo Cipriani. Già da
tempo la figura del direttore generale aveva un peso
importante nella geometria delle finanze vaticane. Il
predecessore di Cipriani – commendator Lelio Scaletti –
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