Page 136 - Peccato originale
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denaro sporco, per eliminare ogni corridoio finanziario
che alimentasse il traffico di droga o, appunto, finanziasse
il terrorismo internazionale. Sebbene Ratzinger non sia
esplicito, la reprimenda è rivolta proprio
all’amministrazione dello Stato. Non è certo la prima volta
che il papa sottolinea come in curia si temporeggi troppo
nel mettere in atto le sue disposizioni. Tutto viene
procrastinato nel tempo, facendo perdere d’incisività ogni
iniziativa. La macchina burocratica conserva le vecchie
usanze: per ogni passo in avanti ne seguono sempre
almeno due all’indietro.
Ora però il gioco deve finire. La sollecitazione di
Benedetto XVI è perentoria. Chiede a Bertone risposte
evidenti e immediate. Tutto passa nelle mani del
cardinale. Sarà lui a trasformare in azione il monito
appena ricevuto, mostrando così fedeltà alle disposizioni
espresse dal santo padre. È in quel momento che, in
segreteria di Stato, matura l’idea di sostituire l’allora
presidente dello Ior Angelo Caloia, il successore di
Marcinkus. La rimozione di Caloia, infatti, centrerebbe un
duplice obiettivo: da un lato sarebbe percepita, dentro e
fuori le mura, come un palese segno di discontinuità, e al
tempo stesso consentirebbe di allontanare un alto
funzionario ormai indesiderato. Perché proprio il
presidente dello Ior? Perché è il soggetto debole. Il
manager lombardo è un laico, questo lo rende quindi più
«attaccabile» rispetto al suo predecessore Marcinkus. In
più, Caloia appartiene ormai alla vecchia guardia, è tra i
dirigenti ritenuti espressione del pontificato di Giovanni
Paolo II. Un’area di potere che è stata progressivamente
messa in minoranza da Bertone. Giorno dopo giorno,
infatti, il cardinale segretario di Stato ha favorito i propri
fedelissimi, accentrando così il potere nei dicasteri e nelle
congregazioni. Sono azioni che, negli ultimi anni, hanno
cambiato l’equilibrio in curia. Caloia conta sempre meno
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