Page 135 - Peccato originale
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L’attacco di Ratzinger a Bertone
Senza proferir parola, Tarcisio Bertone esce livido in volto
dallo studio di Benedetto XVI. Accenna un frettoloso
saluto in segreteria e lascia l’appartamento pontificio alla
prima loggia del palazzo apostolico. Sebbene il cardinale si
accerti sempre di chiudere la porta quando è convocato
dal santo padre, per tenere lontano orecchie indesiderate,
quel giorno l’uscio rimane leggermente aperto per tutta la
durata dell’incontro. Un’imprudenza sfuggita al segretario
di Stato, che permette oggi di svelare per la prima volta i
contenuti del loro colloquio. Il forte e ruvido accento
tedesco, la lentezza dell’eloquio, lo sguardo deciso
contribuiscono ad accentuare la fermezza di Ratzinger:
mai il papa è stato così chiaro. Per ben due volte ripete e
sottolinea a Bertone l’aggettivo «esemplare»: vuole che
capisca finalmente l’indirizzo che deve prendere
l’amministrazione del denaro in Vaticano. «Per essere
ascoltati – questo il senso del monito del santo padre –
dobbiamo essere esemplari. Essere esemplari nei
confronti degli altri, del mondo finanziario internazionale.
Se tutti i paesi devono adeguarsi alle norme di
trasparenza, noi dobbiamo essere tra quelli che cambiano
le regole, per essere inattaccabili.»
Il pontefice fa riferimento a quanto accaduto in tutto il
mondo dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri
gemelle di New York. Le investigazioni finanziarie su Al
Qaeda hanno determinato in gran parte dei paesi
occidentali rigide regole sulla trasparenza bancaria, e una
severa stretta sui paradisi fiscali. L’irritazione del papa
nasce perché allo Ior non si è fatto abbastanza per
eliminare le opacità, omettendo colposamente di adeguare
la banca a quanto ormai da anni sollecitavano gli
organismi internazionali. Si chiedeva un allineamento ai
nuovi criteri contabili introdotti contro il riciclaggio di
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