Page 61 - Io vi accuso
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nulla».  I  colpi  di  scena  si  susseguono,  i  debiti  si  moltiplicano.  Patrizia  è

          costretta  a  intaccare  i  risparmi  di  famiglia:  per  non  venire  segnalata  in
          qualità di garante (le intimazioni del responsabile ufficio legale della banca
          erano sempre più pressanti al riguardo), versa 100.000 euro grazie ai quali

          viene estinto il mutuo da 70.000 e in parte abbattuto e garantito da ipoteca
          il  fido  di  50.000  euro  stipulato  nel  2006.  La  strada  per  la  chiusura  della
          pratica è però lunga e soprattutto piena di ostacoli.
              Nel novembre del 2014 la donna attiva una negoziazione assistita con i
          due  istituti  per  proporre,  caso  rarissimo,  una  donazione  dell’immobile  e

          ripianare i debiti rimanenti. «Le banche in un primo momento sembrano
          aderire,  però  poi  disdettano  la  mediazione  con  esito  dichiarato  nullo  nel
          gennaio  del  2015.»  Forse  erano  interessate  ad  altro?  Forse  iniziavano  a

          intraprendere  anche  loro  il  business  del  mattone?  Forse  iniziavano  ad
          avere bisogno di quel 3 per cento + 3 per cento, oltre a portarsi a casa i soldi
          dei  debiti  del  marito  di  Patrizia?  Caso  strano,  nel  maggio  del  2015,  dalla
          prima banca le viene notificato un precetto – l’atto con cui il debitore viene
          messo a conoscenza dal creditore che lo stesso inizierà, entro dieci giorni,

          l’azione esecutiva per la vendita dell’immobile – per il mutuo del 2006 di
          130.000  euro.  Attenzione  perché  il  precetto  è  un  classico  strumento  di
          terrorismo psicologico per indurre chi ha debiti a rassegnarsi a sottostare ai

          voleri della banca.
              A  quel  punto  comincia  il  nostro  lavoro  di  concerto.  Rispondiamo  al
          precetto costituendoci in giudizio. Dalle perizie sul mutuo, infatti, emerge
          l’applicazione  di  tassi  d’usura  e  si  ravvisano  gli  estremi  di  un  eccesso  di
          garanzia  da  parte  della  banca.  Se  la  perizia  dell’immobile,  eseguita  dallo

          stesso istituto, venisse confermata dal giudice, la banca si troverebbe nella
          difficile  condizione  di  dover  spiegare  perché,  a  fronte  di  un  credito
          residuale effettivo di 42.000 euro (al netto dell’usura calcolata), metta in

          vendita  una  casa  dal  valore  stimato  di  640.000.  Il  15  maggio  2015  anche
          l’altra  banca,  rimasta  fino  a  quel  momento  in  attesa,  invia  una
          raccomandata  in  cui  fa  presente  che  «a  seguito  della  scadenza  della
          sospensiva  accordata,  nel  caso  in  cui  entro  il  15  giugno  2015  non  fosse
          rientrata  delle  rate  impagate  (da  febbraio  a  maggio),  sarebbe  stata

          segnalata  come  posizione  a  sofferenza  con  le  conseguenze  e  ricadute  del
          caso». A quel punto Patrizia conferisce mandato per costituirsi in giudizio
          per  quest’ultima  posizione  debitoria,  visti  gli  esiti  delle  perizie  che

          evidenziano  anche  in  questo  caso  usura.  Ma  il  disegno  è  ben  chiaro:  le
          banche vogliono svendere l’immobile della donna per darlo a qualche loro
          cliente facoltoso. Tant’è che appena l’annuncio viene messo sul sito della
          cassa rurale – a febbraio 2015, subito dopo l’esito nullo della mediazione –
          arriva una proposta scandalosa da parte di un funzionario della banca: «Un
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