Page 49 - Avarizia
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nuovo uomo forte del Vaticano, il cardinale australiano Pell.

          Chiamato da Francesco per fare pulizia nelle finanze della Santa
          Sede: come si vedrà per lui il papa crea apposta un nuovo dicastero,
          la segreteria per l’Economia, una sorta di superministero con il

          compito di controllo e di gestione del tesoro della Santa Sede.
             Pell e i suoi consiglieri decidono di dare il benservito anche a von
          Freyberg, considerato non allineato nonostante fosse stato proprio
          lui, d’accordo con il papa, a chiamare la Promontory per fare uno
          screening sui conti e i clienti della banca. È a giugno del 2014 che il

          tedesco capisce che la sua avventura Oltretevere si chiuderà prima
          del previsto, quando legge un messaggio speditogli dal nuovo
          prelato del papa allo Ior, monsignor Battista Ricca. La missiva è

          piena di contestazioni: von Freyberg, si lamenta Ricca, non gli
          avrebbe descritto tutti i dettagli di un prestito da 15 milioni di euro
          che nel 2011 lo Ior concesse alla Lux Vide di Ettore Bernabei,
          produttore di fiction tv con grandi entrature in Vaticano. Non solo. Il
          tedesco non avrebbe gestito bene la coda di una vecchia operazione

          immobiliare a Budapest. Il Vaticano qualche anno fa ha in effetti
          comprato da un private equity un fondo proprietario dell’ex palazzo
          della Borsa, un grande immobile al centro della capitale ungherese

          che – secondo il progetto iniziale – doveva essere ristrutturato per
          realizzare miniappartamenti da vendere sul mercato. Operazione
          che sarebbe stata, secondo Promontory, economicamente sballata.
             Von Freyberg non capisce i reali motivi dell’attacco: le operazioni
          di cui il prelato si lamenta sono state ideate e realizzate

          antecedentemente il suo arrivo, e lui, banchiere originario di una
          nobile famiglia sveva, avrebbe tentato di metterci una pezza sopra.
          Come nel caso del fondo Ad Maiora, dentro cui lo Ior è arrivato a

          investire fino a 230 milioni di euro. Un’iniziativa “proposta dal
          direttore Cipriani,” si legge in un altro documento della Cosea, “e
          approvata nell’aprile 2012 dal consiglio di sovrintendenza per
          allocare una parte del capitale nel settore della finanza etica e degli
          investimenti alternativi”. L’operazione prevedeva la costituzione e la

          sottoscrizione da parte dello Ior di fondi d’investimento esteri (in
          Lussemburgo e a Malta) “sotto la guida di una società di consulenza
          nel campo dell’investimento etico, l’Ecpi di Milano”. Una srl fondata

          da alcuni professori della Bocconi e partecipata anche da una
          società inglese, la Blue Capital di Londra.
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