Page 45 - Avarizia
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ad alcune società ombra di alcuni paradisi fiscali. Holding straniere

          controllate da italiani che poi rivendevano a prezzi molto più alti gli
          immobili (nel complesso una trentina, quasi tutti a Roma) appena
          comprati dal Vaticano, ricavando così ricchissime plusvalenze.

          Secondo le accuse, tutte da provare, dietro alcune di queste società
          c’erano anche Caloia e Scaletti, che avrebbero lucrato milioni a
          danno della banca che dirigevano.
             L’inchiesta è cominciata a metà del 2014, dopo ispezioni interne
          della Promontory che ha analizzato strane compravendite con

          società paravento domiciliate anche alle Bahamas. Ma dopo
          l’annuncio dell’apertura del fascicolo dagli uffici del promotore,
          dopo una denuncia da parte dell’allora presidente Ernst von

          Freyberg, non s’è saputo più nulla. Analizzando i dati del catasto
          italiano, però, è evidente che a partire dal 2002 lo Ior abbia venduto
          immobili a società offshore come la Collina Verde (intestata alla
          Woodhill Homes Limited di Londra, i cui soci sono schermati) e,
          soprattutto, alla Marine Investimenti Sud, protagonista assoluta del

          grande affare vaticano. Controllata da una finanziaria
          lussemburghese (la Longueville, a sua volta posseduta da una
          holding con base a Montevideo, in Uruguay), negli anni Duemila la

          Marine ha avuto come amministratori Erasmo Cinque e Michele
          Nicola D’Adamo, in passato condannato a quattro mesi per la
          maxitangente Enimont. Dalla Marine – nel settembre del 2004 –
          compra casa anche Renata Polverini, l’ex presidente della Regione
          Lazio: l’attuale deputato di Forza Italia aveva già acquistato due

          anni prima una casa gemella confinante proprio dallo Ior, nove
          stanze, due box e tre balconi nella zona stupenda dell’Aventino
          pagati solo 272 mila euro.

             Non sappiamo quali siano le società sospette individuate dal
          Vaticano. Ma il promotore ipotizza che i tre indagati avrebbero
          ideato il gioco di sponda, e accumulato attraverso la triangolazione
          cifre stratosferiche: alla fine la truffa avrebbe permesso al
          gruppetto di incassare almeno 60 milioni di euro, soldi di fatto

          sottratti alla banca di cui lo stesso Caloia era presidente. Per ora il
          pm della Santa Sede ha obbligato lo Ior a congelare i conti che gli
          indagati avevano aperto all’istituto della Santa Sede: in tutto 17

          milioni di euro, considerati solo una parte della somma lucrata sugli
          immobili. “Sconcertato, attonito e profondamente avvilito, sono a
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