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I giochetti di Caloia
“La prima prova della carità nel prete, e soprattutto nel vescovo, è
la povertà,” ragionava Victor Hugo ne I miserabili, anno domini
1862. Chissà che avrebbe detto lo scrittore francese che scudisciava
il clero ricco e avido se avesse assistito alle guerre per il controllo
del tesoro vaticano, e avesse potuto ammirare quello conservato nei
caveau della banca fondata nel 1942 da papa Pio XII. Una fortuna
che ha causato alla Santa Sede scandali e dolore, guastando le
anime di chi, sacerdoti, laici e uomini di Chiesa, se ne è lasciato
abbagliare.
Dopo le operazioni predatorie di Paul Marcinkus, presidente
dell’istituto dal 1971 al 1989, per rimettere le cose a posto Giovanni
Paolo II chiamò Angelo Caloia, numero uno per un intero ventennio.
Il libro Vaticano Spa di Gianluigi Nuzzi ha raccontato con dovizia di
particolari lo Ior di quell’epoca, pubblicando le carte dell’archivio di
monsignor Renato Dardozzi su operazioni segrete e sulle manovre
del prelato dell’istituto Donato De Bonis, nemico giurato di Caloia e
inventore con Marcinkus della contabilità “parallela” dell’istituto, un
sistema usato per lavare nell’acqua santa i soldi sporchi che
arrivavano in Vaticano e le tangenti destinate a partiti e politici.
Quello di cui si sa ancora poco, invece, riguarda l’inchiesta che il
promotore di giustizia Gian Piero Milano ha aperto a metà del 2014
proprio su Caloia, banchiere della “finanza bianca” cattolica venuto
dalla Lombardia per risanare i conti e far dimenticare gli scandali
del crac del Banco Ambrosiano. Da salvatore della patria e celebre
moralizzatore, il finanziere che plaudiva alla decisione di Francesco
di creare una commissione d’inchiesta sullo Ior (“sono convinto che
se ci sarà un ritorno alle origini, evitando strade commerciali e
speculative e imboccando invece i binari solidaristici, questo istituto
potrà giocare un ruolo positivo nella comunità ecclesiale,” diceva nel
2013) è precipitato nella polvere, denunciato per peculato dai nuovi
vertici che si sono messi a indagare su presunti illeciti avvenuti sotto
il comando dell’ex presidente. Caloia, insieme all’ex direttore dello
Ior Lelio Scaletti e all’avvocato Gabriele Liuzzo, sarebbe infatti
complice, secondo le tesi dell’accusa, di un’operazione immobiliare
illecita condotta tra il 2001 e il 2008. I tre avrebbero venduto quasi
l’intero patrimonio immobiliare della banca vaticana, liquidando
sottocosto un tesoro di case e appartamenti del valore di 160 milioni