Page 52 - Avarizia
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mano a soggetti stranieri, ma anche perché Promontory, paladina
della trasparenza pagata dalle banche di tutto il mondo per scovare
le operazioni opache celate nelle loro pance, ad agosto del 2015 è
stata travolta da uno scandalo gigantesco. Che ne mina il mito di
soggetto privato ma capace di fornire giudizi indipendenti.
Il Dipartimento per i servizi finanziari di New York ha infatti
sospeso il 5 agosto 2015 le attività dell’azienda nell’omonimo Stato,
perché accusata di aver “coperto” attività illecite effettuate da un
suo cliente con lo scopo di proteggerlo da eventuali sanzioni
economiche. Proprio così: leggendo il rapporto del New York State
Department of Financial Services, si scopre che quando era
consulente della banca inglese Standard Chartered il gruppo che
deve fare trasparenza in Vaticano avrebbe volutamente eliminato da
alcuni report la notizia di certe transazioni finanziarie che la filiale
newyorkese Standard Chartered aveva fatto verso l’Iran.
Operazioni illegali, visto che al tempo Teheran era sotto embargo
internazionale. “Ci sono numerosi esempi che dimostrano come
Promontory, sotto la direzione della banca o su suo consiglio, o di
sua stessa iniziativa, effettua cambiamenti per ‘ammorbidire’ e
‘attenuare’ il linguaggio usato nei rapporti, evitare domande
supplementari dai controllori, omettere termini allarmanti o altri
interventi per rendere i report più favorevoli alla banca”, scrivono
gli investigatori dell’Nysd, che accusano la Promontory “di aver
rimosso informazioni”, di aver usato invece di termini tecnici tipo
“potenziali violazioni” frasi “più ambigue e innocue” e di aver alla
fine “deliberatamente rimosso le transazioni” con l’Iran “dal
rapporto”. Inizialmente il gruppo si è difeso annunciando ricorso,
ma alla fine ha deciso di levarsi dagli impicci processuali pagando
una multa da 15 milioni di euro. Nulla rispetto a quanto pagato dalla
banca nel 2012, che per non aver rispettato le sanzioni economiche
operando 59 mila transizioni con clienti iraniani per un giro d’affari
di 250 miliardi di dollari, ha accettato di pagare alla giustizia
americana 340 milioni di dollari. Se la Promontory ha chiuso la
faccenda in tempi record, la storia dimostra che i dubbi sui
potenziali conflitti d’interesse dei consulenti bancari assunti e pagati
dalle banche per indagare sulle stesse sono molto lontani dall’essere
sciolti.