Page 189 - Avarizia
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La truffa ai salesiani


             L’occasione fa l’uomo ladro, si sa. Così, dove girano i quattrini, è
          più facile cadere in tentazione. In Vaticano e nelle congregazioni ne

          girano tanti, tantissimi, e sono decine i sacerdoti che di tanto in
          tanto vengono presi con le mani nella marmellata. Molte vicende
          vengono risolte internamente per evitare fughe di notizie e danni di

          immagine. Altre finiscono in tribunale, dove denunce e carte bollate
          aprono squarci su realtà sconosciute. Prendiamo l’ordine dei
          salesiani, che don Giovanni Bosco fondò dopo che una donna, in
          sogno, gli disse: “Renditi umile, forte e robusto”. Ecco: s’è scoperto
          che di umile nel patrimonio controllato oggi dai suoi seguaci c’è

          davvero poco.
             È stata una tentata truffa all’ordine e la lotta per un enorme
          lascito ereditario a svelare le dimensioni della cassaforte della

          congregazione a cui appartiene anche il cardinale Bertone. La
          vicenda inizia il 5 giugno 1990, quando il marchese Alessandro
          Gerini muore nella sua casa romana. Ex senatore della Democrazia
          cristiana, nobile vicinissimo agli ambienti vaticani, nel suo
          testamento lascia a una fondazione che porta il suo nome

          (riconosciuta come ente ecclesiastico e posta sotto il controllo dei
          salesiani) una ricchissima eredità di terreni, denaro contante,
          immobili e opere d’arte. Un tesoro che inizialmente viene valutato,

          da alcune stime esagerate, vicino ai 2000 miliardi di lire.
             Quando i nipoti del “Marchese di Dio” (così Gerini era conosciuto
          a Roma) impugnano l’eredità e decidono di fare causa alla
          congregazione dei seguaci di don Bosco, nasce una disputa legale
          durissima. Che coinvolge non solo le due parti, ma anche alcuni

          mediatori, tra cui Carlo Moisè Silvera, incaricato dai parenti del
          ricco Gerini di curare i loro interessi. Dopo tre lustri di battaglie in
          tribunale, l’8 giugno del 2007 i contendenti finalmente si accordano:

          i salesiani per chiudere il contenzioso versano 16 milioni di euro, di
          cui 5 vanno ai nipoti, 11,5 allo stesso Silvera. Nell’accordo, però, c’è
          una postilla: la percentuale già elevatissima dovuta all’intermediario
          dovrà essere accresciuta dopo che una commissione di periti
          stimerà definitivamente il valore reale del patrimonio del marchese.

             Ebbene, dopo qualche mese, la commissione presieduta
          dall’avvocato milanese Renato Zanfagna (amico e complice di
          Silvera, diranno poi i pm di Roma) emette il verdetto: il patrimonio
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