Page 186 - Avarizia
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Spalloni e mattoni


             Le cronache l’hanno raccontata così: un giorno di inizio 2015, un
          sacerdote bosniaco si trova al valico di Como-Brogeda. Niente di

          strano, se non fosse che il prete è imbottito di banconote – e che
          viene fermato dalla Guardia di finanza. Il presule dice ai militari di
          trasportare meno di diecimila franchi svizzeri, entro il limite

          consentito dalla legge: ma i finanzieri, rovistando nella sua valigia,
          trovano in mezzo ai vestiti e al beautycase due buste con dentro 50
          mila franchi svizzeri e altre banconote per un totale di 51.004 euro.
          Il 50 per cento del denaro finisce sequestrato dagli agenti. La
          provenienza del cash? Ignota.

             “In un momento in cui l’aria della corruzione arriva dappertutto
          bisogna far crescere l’economia dell’onestà,” ha detto Francesco ai
          banchieri italiani il 12 settembre 2015, invitandoli ad aiutare la

          parte più debole della società. Lui la lotta contro i mercanti del
          tempio l’ha appena iniziata, ma in due anni di pontificato ha capito
          che i nemici della sua rivoluzione sono tanti, e rischiano di
          moltiplicarsi.
             Tornando in Campania un’altra storia di soldi e truffe coinvolge

          alcuni religiosi di Santa Romana Chiesa. Monsignori che avrebbero
          investito somme importanti per costruire, invece di una struttura di
          accoglienza per minori (il nome del progetto, inequivocabile,

          ipotizzava la creazione del Villaggio del Fanciullo), un albergo per
          turisti. Il finanziamento era stanziato dalla Regione Campania ed è
          così finito nel mirino sia dei giudici penali sia della magistratura
          contabile, che hanno investigato un pezzo grosso della curia
          campana: l’arcivescovo emerito di Salerno Gerardo Pierro.

          Condannato in primo grado nel 2012 a dieci mesi di reclusione, è
          stato poi archiviato per sopraggiunta prescrizione (lui ha sempre
          detto di essere innocente e aveva chiesto di rinunciarci all’inizio del

          processo), mentre a don Comincio Lanzara, il suo cerimoniere, il
          giudice ha inflitto in secondo grado quattro mesi di carcere. Il pm
          inizialmente aveva chiesto per lui ben cinque anni, perché
          ipotizzava che il prete si fosse anche appropriato di 300 mila euro,
          parte della somma guadagnata dalla vendita di un altro immobile

          della curia. Il 20 marzo 2015 sono stati condannati anche tre tecnici
          del comune e monsignor Vincenzo Rizzo (a quattro mesi) all’epoca a
          capo dell’ufficio economato della curia di Salerno.
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