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Suore, amanti e un po’ di miliardi


             Il gruppo di potere vaticano che fa capo a Profiti è protagonista
          anche di un’altra battaglia, quella per la conquista della casa di cura

          della Divina provvidenza. Un enorme ospedale psichiatrico in Puglia,
          con sedi a Bisceglie, Foggia, Potenza e Paraná (in Argentina),
          fondato da don Pasquale Uva nel 1922 e diventato in pochi decenni

          uno dei centri psichiatrici più importanti e ricchi del Sud-Italia,
          grazie al lavoro delle suore della congregazione che lo controlla, le
          ancelle della Divina provvidenza.
             Se presunti maltrattamenti dei pazienti e le condizioni sanitarie
          disastrose dell’istituto avevano scandalizzato scrittori e giornalisti

          già in passato, nella primavera del 2015 la procura di Trani ha
          scoperchiato il vaso di Pandora, rivelando che il Don Uva più che
          uno straordinario esempio di solidarietà cristiana è stato teatro di

          una “incredibile vicenda” basata su distrazione di pubblico denaro,
          assunzioni clientelari, bilanci falsi, stipendi e consulenze d’oro, con
          soldi pubblici destinati teoricamente alle cure dei malati finiti in
          alcuni conti Ior intestati alle suorine e vecchi manager. Principali
          indagati, insieme ad alcune religiose e a politici di primo livello, del

          crac della congregazione e dell’ospedale oggi in amministrazione
          straordinaria, con un buco di circa 500 milioni di cui almeno 350
          costituiti da debiti nei confronti dello Stato italiano.

             Anche il Vaticano è finito nelle carte dell’inchiesta: nel 2013 la
          congregazione era stata infatti commissariata dalla Santa Sede, che
          aveva nominato il vescovo di Molfetta Luigi Martella come delegato
          pontificio. Come braccio destro il monsignore aveva convocato in
          Puglia l’onnipresente Profiti. “Dopo quarant’anni di possesso della

          collina da parte dei vietnamiti, l’abbiamo liberata,” spiegava
          Giuseppe a un suo collaboratore festeggiando la nomina. “Poi che
          farci di questa collina, non si sa.” L’obiettivo del manager e dei

          prelati a Roma, secondo gli atti dei magistrati, è sempre lo stesso:
          come l’Idi anche la Divina provvidenza è un ente ecclesiastico in
          stato di decozione che affronta la crisi accedendo alla procedura di
          amministrazione straordinaria. Il progetto ambizioso, scrivono i
          giudici “è quello di rientrarne in possesso definitivamente una volta

          depurati dall’immenso disavanzo economico, da scaricare
          interamente sulla collettività”. Per raggiungere lo scopo bisogna
          coprirsi a destra e a sinistra, con il governo e la Santa Sede:
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