Page 151 - Avarizia
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secondo i pm solo così si spiegano i contatti continui di Profiti con
Versaldi, Bertone e alti dirigenti del ministero dello Sviluppo
economico, senza parlare dell’asse di ferro con il politico
considerato a capo dell’intero sistema criminale messo in piedi alla
Divina provvidenza, Antonio Azzollini.
Senatore del Nuovo Centrodestra e da quindici anni presidente
della commissione Bilancio a Palazzo Madama (si è dimesso
dall’incarico l’8 luglio 2015, in seguito alla richiesta d’arresto dei
giudici pugliesi poi bocciata dall’aula), dal 2009 è lui, secondo
l’accusa, il ras indiscusso dell’istituto; l’uomo che meglio di tutti è
riuscito a saldare gli interessi della politica con quelli dei vertici
della congregazione (agli arresti domiciliari sono finite suor
Consolata, l’economa, e suor Marcella, rappresentante legale
dell’Opera), declinando il rapporto sul “sinallagma”, un contratto
dove ogni parte contraente fa un favore all’altra solo in cambio di
una controprestazione.
“Da oggi in poi comando io. Sennò vi piscio in bocca,” urlava
Azzollini alle suorine nel luglio del 2009, un insulto riportato da un
testimone oculare ma smentito dall’amico di Angelino Alfano. Con
quella frase inizia il suo regno incontrastato, fondato su un “colpo di
Stato” che comporterà l’immissione di uomini di fiducia
nell’ospedale e la nascita dell’associazione a delinquere che
dominerà la Divina provvidenza per almeno un lustro. Anni in cui
Azzollini riuscirà a ottenere perfino la proroga nella legge
Finanziaria della sospensione degli adempimenti fiscali e
contributivi concessi alle suore la prima volta già nel 2004. In
pratica è stato consentito alle suore di non pagare le tasse allo Stato
italiano.
Stavolta, però, Profiti e il Vaticano sembrano essere arrivati
troppo tardi. Non solo perché l’inchiesta penale è cominciata da un
pezzo, ma perché l’ospedale è stato spolpato fino alle ossa. Se,
grazie all’accredito con le Regioni Puglia e Basilicata, la Divina
provvidenza incassa tra rimborsi di rette e prestazioni sanitarie
quasi 90 milioni l’anno, nel periodo che va dal 2009 al 2014 i centri
di don Uva riescono ad accumulare perdite complessive pari a 170
milioni di euro, mentre dirigenti e politici fanno incetta di assunzioni
di parenti, amanti e raccomandati, senza contare i reclutamenti di
massa fondamentali per il consenso politico di Azzollini, già sindaco