Page 154 - Avarizia
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madre, figlia del commenda. Sorprendentemente i denari sono

          rimasti al sicuro dietro le mura leonine nonostante le nuove regole
          imposte da Francesco nel 2013 imponessero che tutti i clienti non
          aventi diritto fossero espulsi dalla banca. Grazie alle nuove norme

          della cosiddetta voluntary disclosure (strumento voluto dal governo
          Renzi che consente ai contribuenti che detengono illecitamente
          patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione
          denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la
          violazione degli obblighi di monitoraggio) i nipoti hanno riportato in

          Italia il “bottino” accumulato dal commendatore pagando solo una
          multa. Né i magistrati di Trani né quelli di Roma, né il Vaticano né la
          Banca d’Italia lo hanno potuto impedire: nonostante la casa di cura

          sia quasi fallita e centinaia di persone sono state licenziate, i Leone
          potranno godersi in grazia di Dio i soldi di famiglia.
             Dopo i presunti saccheggi degli anni novanta, il sacco
          dell’ospedale non si è fermato nemmeno all’inizio del nuovo
          millennio. Arrivano nuovi manager, i metodi cambiano, ma la musica

          resta la stessa. L’inchiesta culminata con dieci arresti nel giugno del
          2015 ha individuato – grazie anche alle risposte alle rogatorie
          internazionali fornite dalla banca vaticana – non solo enti paralleli

          fittizi (oltre alla fantomatica Casa di procura le suore hanno aperto
          anche la onlus Istituto Don Pasquale Uva di Bisceglie e un Istituto
          Don Uva di Potenza, entrambi inoperanti e con ricchi depositi
          bancari), ma anche un falso conto per pagare i costi della causa di
          canonizzazione di don Uva. I pm hanno scovato circa mezzo milione

          di euro trovati in una filiale di Andria del Banco di Napoli e mai usati
          per la beatificazione: il postulatore ufficiale ha infatti spiegato di
          non saperne nulla, e di usare per la causa un altro conto allo Ior.

          Soprattutto, l’inchiesta ha rivelato che il vecchio manicomio
          trasformato in istituto di riabilitazione è diventato un enorme centro
          di potere del gruppo capeggiato dal senatore Azzollini.
          “L’amministratore di fatto dell’azienda,” chiarisce il gip, che
          individua in Rocco Di Terlizzi e Angelo Belsito (quest’ultimo vicino a

          Forza Italia ed ex presidente del consiglio comunale di Bisceglie) i
          due manager di fiducia del ras. Decidono tutto loro: l’assunzione del
          personale, i rapporti con le banche, la scelta di fornitori amici.

          Mentre l’ospedale affonda, il direttore Dario Rizzi (anche lui
          indagato) può continuare a prendere 15 mila euro lordi al mese e
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