Page 108 - A spasso con Bob
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                                                    Ritorno a casa
             NON credevo che Bob e io potessimo avvicinarci ancora di più e invece, dopo
          l’esperienza  che  avevamo  vissuto,  diventammo,  se  possibile,  ancora  più

          inseparabili.  Nei  giorni  che  seguirono,  non  mi  mollò  un  secondo,  continuava  a
          tenermi sotto controllo nel timore che potessi avere una ricaduta.
             Da parte mia, erano anni che non mi sentivo così bene e soltanto il pensiero di
          rivivere la terribile esperienza della dipendenza mi faceva rabbrividire. Non ci sarei

          ricascato, ne ero sicuro.
             Decisi di festeggiare rinnovando l’appartamento e per questo ogni giorno Bob e io
          prolungammo l’orario di lavoro di altre due ore. Con gli extra acquistai della pittura,
          un paio di cuscini e dei poster.

             Poi mi recai in un negozio di mobili usati e comprai un divano. Era rivestito con
          una robusta stoffa bordeaux che, con un po’ di fortuna, avrebbe resistito agli assalti
          di Bob. Quello vecchio era ormai distrutto, in parte per l’usura ma soprattutto perché
          il  mio  adorabile  gatto  aveva  preso  l’odiosa  abitudine  di  affilarsi  le  unghie
          sull’imbottitura e sui piedini in legno. Gli feci capire chiaramente che da adesso in

          avanti non glielo avrei più lasciato fare.
             Con il passare delle settimane, le giornate si erano accorciate e la temperatura era
          calata,  così  trascorrevamo  gran  parte  delle  nostre  serate  accoccolati  sul  nuovo

          divano. Avevo già iniziato a pensare al nostro prossimo Natale insieme ma ero stato
          un po’ troppo precipitoso, come risultò dagli eventi successivi.
             A parte le bollette, non ricevevo quasi mai corrispondenza quindi, quella mattina
          del novembre 2008, fui sorpreso di trovare una lettera nella mia cassetta. La busta
          era quella classica della posta aerea con un francobollo australiano della Tasmania.

             Proveniva da mia madre.
             Per anni i nostri contatti erano stati sporadici, tuttavia, nonostante la distanza che
          si  era  venuta  a  creare  tra  noi,  la  sua  lettera  era  molto  cordiale.  Mia  madre  mi

          raccontava che si era trasferita in una nuova casa in Tasmania e che era contenta, ma
          il motivo per cui mi aveva scritto era in realtà un invito. «Se ti faccio recapitare un
          biglietto  di  andata  e  ritorno,  vieni  a  trovarmi  in  Australia?»  mi  chiedeva,
          proponendomi  di  trascorrere  le  vacanze  di  Natale  con  lei.  Mi  suggeriva  anche  di
          andare a trovare il mio padrino e la mia madrina che vivevano a Melbourne e con i

          quali da ragazzo avevo avuto un legame molto stretto.
             «Fammi sapere che cosa ne pensi», mi scriveva e chiudeva con la frase: «Con
          affetto, mamma».

             In  altri  momenti  della  mia  vita  avrei  gettato  la  lettera  nel  cestino,  ero  troppo
          insolente, testardo e orgoglioso per accettare un aiuto dalla mia famiglia.
             Adesso però ero cambiato, vedevo la vita con occhi diversi e la rabbia e il senso
          di  frustrazione  che  avevo  sempre  provato,  se  n’erano  andati.  Pensai  quindi  di
          prendermi del tempo per riflettere.
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