Page 300 - La cucina del riso
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Campania




                 nostre  tavole.  D’altra  parte  anche  Bartolomeo  Scappi,  il  primo  grande
                 cuoco del Rinascimento, conosceva questo riso e lo consigliava in una
                 delle sue ricette di minestra con brodo di pollo: “Piglisi il riso Milanese
                 o di Salerno che sono i migliori, lavisi con più acque tiepide, lascisi stare
                 nell’ultima acqua tiepida per un hora e pongasi in vaso di terra invetrato o
                 di rame bene stagnato, con brodo di pollo di vitella”. Dando per scontati
                 i meriti di quello milanese, al quale siamo storicamente abituati, sorpren-
                 dono le lodi a quello coltivato vicino Salerno. Sono innanzitutto i poeti
                 quelli che cantano le lodi del riso salernitano, a cominciare da Giambat-
                 tista del Tufo: “E d’estate e d’inverno farro e rise infinite da Salierno” e
                 dallo Sgruttendio che, nella sua Tiorba a Taccone del 1646, così declama:
                 “Li vruoccole spicate daie lo vierno,/Cossì la Primmavera, e nce daie tu/
                 la State vroccolille a buonnecchiù,/Cchiù ghianche de li rise de Salierno”.
                     Ad  essi  si  aggiunge Antonio  Latini,  che  nella  sua  Breve  descrizio-
                 ne del Regno di Napoli, in ordine alle cose commestibili, a proposito del
                 Principato Citra, afferma: “Salerno produce li più famosi risi, & in grande
                 abbondanza”. “Le pianure sono fertili in grano e in riso. Ma il grano della
                 pianura di Salerno ed Eboli è leggiero e di poca durata. Meglio vi riesce la
                 coltivazione del riso, perché il terreno è bagnato da molte acque: ma questo
                 genere  di  coltivazione  nuoce  infinitamente  alla  popolazione  rendendo  le
                 acque stagnanti pestifera l’atmosfera”.
                     Proibite spesso dalle autorità, ma coltivate a riso per il loro reddito




                                i NapoletaNi NoN amaNo il Riso

                     sia  perdonato  ai  napoletani  se  non   qualche dolce pisellino e cosparso di
                     amano il riso, come lo amano i cinesi   buonissimo sugo, di pan grattato e cot-
                     e i lombardi. e sia loro anche perdo-  to al forno.
                     nato  se  lo  mangiano  volentieri  solo   solo così i napoletani mangiano il riso:
                     se  sistemato  a  timballo  dopo  averlo   a sartù, ma nemmeno ci fanno follie,
                     lessato  nel  brodo  di  pollo  in  un  bel   anche  se  lo  preparano  con  un  gusto
                     tegame  tondo,  riempito  di  polpettine   sopraffino  e  lo  offrono  agli  ospiti  di
                     di carne, di salsiccine sminuzzate, di   riguardo, tuttavia scusandosi.
                     mozzarella e di fegatini di pollo con   mario stefanile, Partenope in cucina, 1954





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