Page 297 - La cucina del riso
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Campania




                    In tutte le accurate descrizioni di locande, taverne e ristoranti napo-
               letani, e dei cibi che in esse venivano serviti, mai il riso viene nominato,
               neppure per errore. Eppure, facendo un passo indietro, per quanto riguar-
               da l’Italia, l’ipotesi che trova maggior credito è quella che attribuisce agli
               Aragonesi il merito di aver introdotto questa coltura nel regno di Napoli,
               nel secolo XV, con l’insediamento della loro dinastia (1442), dopo averla a
               loro volta appresa dagli Arabi in Spagna. Dalla Campania la risicoltura si
               sarebbe in breve tempo diffusa verso Nord.
                    Agli Aragonesi, dunque, si attribuisce la paternità di una prima coltu-
               ra - dopo la conquista del regno di Napoli da parte di Alfonso di Aragona
               - nelle piane acquitrinose nei pressi di Paestum. Al dire di Simone Porta,
               filosofo e grecista (1495-1525), la prima risaia appare invece nel territorio
               di Salerno. La verità è che di notizie simili se ne hanno molte: è probabile
               che, nel Medioevo, il riso sia veramente coltivato ma in minime quantità nel
               Sud d’Italia, nei conventi o negli orti dei Semplici come pianta medicinale
               o dai meravigliosi effetti purificatori. È presente, infatti, in polvere, sotto
               forma di farina, o stracotto ai limiti del disfacimento in tutte le preparazioni
               del biancomangiare, che non era una ricetta specifica, ma una serie di pre-
               parazioni medievali basate sulle presunte qualità del colore bianco, simbolo
               di purezza e ascetismo. Cibo destinato alle classi superiori, prese il nome
               dal colore degli ingredienti che prevalevano nella sua elaborazione, come
               petto di pollo, latte, mandorle, riso, zucchero ecc. Il Liber de coquina, tra
               i documenti più antichi della gastronomia italiana, risalente ai primi anni
               del 1300, ne dà una delle prime ricette: “Per il biancomangiare prendi petti
               di galline cotte e sfila più sottilmente che potrai; poi lava del riso e fanne
               farina, colando attraverso un panno; infine stempera questa farina di riso
               con latte di capra o di mandorle, metti a bollire in una pentola ben pulita e
               quando comincia a bollire mettici dentro i petti sfilati con zucchero bianco
               e lardo; tieni lontano dal fumo e fa bollire moderatamente e senza impeto
               di fuoco e sia denso come suole essere il riso e quando metterai in tavola,
               spargi sopra zenzero tritato e lardo fritto e puoi preparare con riso intero e
               latte di capra, secondo l’uso oltremontano. Quando si serve, mettici sopra
               mandorle soffritte, zucchero e zenzero bianco intero e si chiama in francese
               blanc mangier, cioè biancomangiare”.



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