Page 97 - Sotto il velame
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Dite che è il re della città roggia, la quale è il regno della mali-
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zia , Dante dice :
Io non morii e non rimasi vivo:
pensa oramai per te, s'hai fior d'ingegno,
qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
Resta la concupiscenza. Ebbene nel cerchio di essa, il quale
punisce la forma più lieve ma più, diremo, caratteristica di essa;
nel cerchio della lussuria, Dante muore . Egli dice:
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di pietade
io venni meno sì com'io morisse
e caddi, come corpo morto cade.
E si noti che con un processo tanto solito in Dante quanto inav-
vertito dagli interpreti, il poeta compie a mano a mano il suo pen-
siero e a grande distanza, sì che la parola ultima di quello che, se
noi non attendiamo, resterebbe un enigma forte, è pronunziata
molto tempo dopo la prima. Della morte alla tenebra parla come
d'uno svenimento. Della morte alla concupiscenza dice, sì, che
era come una morte. La prima volta cadde come uomo cui sonno
piglia; la seconda, cade come corpo morto. Morte dunque o non
morte?
Ed egli solve l'enigma solo parlando della terza volta, di quan-
do morì la morte che è morte al veleno o alla malizia e dice che
215 Inf. XI 16 segg.
dentro da cotesti sassi
son tre cerchietti...
D'ogni malizia etc.
Cfr. 73 segg.
216 Inf. XXXIV 25 segg.
217 Inf. V 140 segg.
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