Page 414 - Sotto il velame
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Ma questo pio artifizio di Dante è la prova inconcussa che la
           Beatrice della Vita Nuova era una creatura reale, e non un simbo-
           lo. Era una casta fanciulla, che rendeva buono l'amatore. E morì;
           e allora l'umile fanciulla che vedeva Dio, diventò più sapiente
           d'ogni sapiente di quaggiù: la sapienza stessa. Ella, che mandò
           Virgilio a Dante, cioè il consiglio di studiare, cioè lo studio, in-
           carnava per Dante la fede, da cui muove il buono studio; la fede
           senza la quale Dante non l'avrebbe veduta più mai.
              Un'umile donna Fiorentina la sapienza, dunque? E sì. O non
           era un'umil donna Nazarena quella che vide negli abissi del pen-
           siero di Dio?
              Umili tutte e due, e perciò alta l'una e l'altra; e la Fiorentina,
           devota della Nazarena e sua imitatrice 1167 , inspira umiltà con la
           sua umiltà. Quand'ella apparisce, il viso di Dante si veste d'umil-
           tà; e «ogni pensiero umile nasce nel cuore», se parla; ed ella sen
           va,   «benignamente   d'umiltà   vestuta»,   quando   si   sente
           «laudare» 1168 .



                                         VI.


                              LA MIRABILE VISIONE

              Dopo la morte di Beatrice, quand'ella fu beata oltre che bea-
           trix, Dante ebbe tre visioni. La prima ebbe virtù di richiamare alla
           donna gentilissima i pensieri di lui che si erano sviati verso la
           donna gentile. Fu il «cuore» che «si cominciò dolorosamente a
           pentere de lo desiderio, a cui sì vilmente s'avea lasciato possedere
           alquanti die contra la costanzia de la ragione: e discacciato questo
           cotale malvagio desiderio, sì si rivolsero tutti li suoi pensamenti a


           1167   V. N. 10: «quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizii e re-
              gina delle virtù».
           1168   V. N. 5, 29, 11, 21 (Sonetto v. 9 seg. cfr. v. 7), 26 (Sonetto v. 6).


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