Page 399 - Sotto il velame
P. 399

una donna «santa e presta»  1129 . La quale se è operosità, è abito
           operativo, cioè arte; e parla, come ben lo conoscesse, a Virgilio
           che fiso la guarda. Or come non è Matelda? La quale avrebbe
           così, come Lucia, la sua parte ne' sogni di Dante.
              In vero santa e presta è, la donna del sogno, come quella che
           passeggia nel luogo dell'innocenza, e che è così presta al deside-
           rio di Dante, e s'appressa come donna che balli, e scivola sulle ac-
           que, lieve come spola 1130 . Ed è con Virgilio in tal nesso, che ben si
           spiega come, nel sogno di Dante, il poeta avesse gli occhi fitti
           nella bella donna. Con Matelda può stare Virgilio che avanti Bea-
           trice sparisce. E quand'ella parla dei poeti che sognarono l'Eden,
           Virgilio col suo alunno Stazio sorride, mentre l'altro alunno si ri-
           volge tutto a loro. Oh! Virgilio poteva ben trattenersi con Matel-
           da, se Matelda è l'arte! Oh! a Matelda bene aveva addotti Dante e
           Stazio, i suoi due alunni, Virgilio, se Virgilio è lo studio! E come,
           con suoi accorgimenti, di cui non deve ormai più dubitare il letto-
           re, avendoli già trovati tante volte, il Poeta ci dice il proprio nome
           della bella Donna, precedendola e seguendola! Chè Virgilio, dopo
           aver fatta salire al Giacobbe novello la grande scala, dice 1131 :
           «Tratto t'ho qui con ingegno e con arte»; e Dante, dopo aver rac-
           contato dell'Eunoè, si rivolge al lettore dicendo, che non lo «la-
           scia più ir lo fren dell'arte». In vero se Virgilio è lo studio, rispetto
           a Dante, è in sè e ha in sè l'arte; e se Matelda è l'arte, come ha pu-
           rificato così ha ammaestrato Dante. E ne dicono il proprio nome
           sin gli uccelli della foresta, che la donna sola soli ascolta; che
           operano ogni lor arte.
              Io non mi pento d'aver fatto sì che quelli i quali giustamente
           proclamano l'attenzione e la cura e l'acume essere necessari a in-
           tendere gli scrittori, chiamassero sottigliezza e sofisticheria la mia
           attenzione e la mia cura e il mio acume e la mia lunga pazienza e

           1129   Purg. XIX 26.
           1130   Purg. XXVIII 46 segg. XXXI 96, XXXII 28 segg.
           1131   Purg. XXVII 130, XXXIII 141, poi XXVIII 15, dove è notevole e inten-
              zionale e significativa la frase: operar l'arte.


                                         399
   394   395   396   397   398   399   400   401   402   403   404