Page 394 - Sotto il velame
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pronunziando, con accortezza di cui nessuno si è accorto, le paro-
le che esprimono l'essenza mistica di quell'ombra: studio e amore.
Chè Dante esitò nel tradurre quelle parole di S. Agostino, non est
improbandum studium, come noi stessi esiteremmo, se tradurre in
«studio» o in «amore». Studio e amore assomigliano. Dante lo sa-
peva: «Per amore io intendo lo studio il quale io mettea per acqui-
stare l'amore di questa donna... È uno studio il quale mena l'uomo
all'abito dell'arte e della scienza; e un altro studio, il quale nell'a-
bito acquistato adopera, usando quello; e questo primo è quello,
ch'io chiamo qui Amore...» 1110 Ciò a proposito di quel primo verso
dolcissimo,
Amor, che nella mente mi ragiona,
il quale risuona a piè del monte dalla bocca di Casella 1111 :
Lo mio maestro ed io e quella gente
ch'eran con lui, parean sì contenti,
com'a nessun toccasse altro la mente.
Il Maestro poi pare da sè stesso rimorso per il picciol fallo 1112 di
quella sosta. Perchè aveva egli sostato? perchè era stato così fisso
e attento? In quella canzone si toccava di lui! Il dolcissimo padre
(siano grazie alla fonte romita che ce l'ha detto) si chiama, se si
vuole, studio, ma si chiama, se si vuole, amore. E ragionava inve-
ro Virgilio più volte della donna di Dante, nella mente di lui, da
quando col suo nome lo indusse al viaggio, a quando col suo
nome gli fece traversare le fiamme.
1110 Conv. III 12.
1111 Purg. II 112 segg.
1112 Purg. III 7 segg.
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