Page 392 - Sotto il velame
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                              Dimmi, maestro mio, dimmi, signore.

           E sono le parole di prima, ripetute con una intenzione. Ebbene il
           cristiano al pagano domanda del Cristo Redentore. E perchè?

                                           Per voler esser certo
                              di quella fede che vince ogni errore.

           Allo studio, pur fatto di filosofi e poeti pagani, si deve chiedere
           conferma della fede.
              Perchè lo studio, per un uomo del tempo di Dante, s'intende
           che era di autori latini. Boezio e Tullio sono gli autori che Dante
           legge, nella sua tanta tristizia, e v'entra «tant'entro, quanto l'arte di
           grammatica,   ch'egli  avea,   e   un   poco   di  suo  ingegno   potea
           fare» 1100 . Or se uno d'essi autori valeva a impersonare tale studio,
           questi era Virgilio 1101 . Già ai tempi di Quintiliano e prima «Virgi-
           lio era il primo libro latino che prendevano in mano i fanciulli
           dopo avere imparato a leggere e scrivere, e d'allora in poi esso
           serviva non meno all'insegnamento elementare che al superiore».
           E così continuò per un pezzo 1102 ; e nei tempi oscuri di mezzo 1103
           «dove regnò la grammatica, ivi regnò anche Virgilio, compagno
           inseparabile ed autorità suprema di essa. Virgilio e la grammatica
           si può dire che, nel medio evo, cessino di essere due cose distinte
           e divengano quasi sinonimi». E ciò valeva, più che per qualunque
           altro, per Dante, il quale già nella Vita Nuova, quando per il suo
           ingegno «molte cose, quasi come sognando, già vedea»  1104 , citava


           1099   Inf. III 46 segg.
           1100   Conv. II 13.
           1101   Virgilio nel Medio Evo di D. Comparetti 2. ed. Vol. I cap. III.
           1102   Op. cit. pag. 92, 97.
           1103   Op. cit. pag. 101.
           1104   Conv. II 13.


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