Page 393 - Sotto il velame
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prima e più diffusamente di ogni altro poeta Virgilio, a dimostrare
che i poeti devono parlare «non senza ragione alcuna, ma con ra-
gione, la quale poi sia possibile d'aprire per prosa» 1105 . Si aggiun-
ga a ciò che Virgilio cantò la giustizia di Enea; che visse ai tempi
d'Augusto, quando «esistendo perfetta monarchia, il mondo d'o-
gni parte fu quieto» 1106 ; che portava, sì dietro sè, ma tal lume che
stenebrava altrui, essendo egli quasi un profeta, inconscio, di
Gesù 1107 ; che oltre aver cantata la discesa agl'inferi d'Enea, ed es-
sere perciò come l'evangelista dell'eroe della vita attiva, aveva ac-
quistato nei tempi di mezzo fama di mago. Ma il concetto preci-
puo di Virgilio è «studio», quello studio che s'iniziava con la
grammatica. Dante dice d'aver tolto da lui lo bello stile. Prima
Dante ebbe da lui l'arte del dire, poi la via dell'oltremondo. Così
Stazio a Virgilio stesso dice 1108 :
Tu prima m'inviasti
verso Parnaso a ber nelle sue grotte,
e poi appresso Dio m'alluminasti.
Facesti come quei che va di notte...
Così poteva dirgli e in parte dice Dante: Da te tolsi lo bello stile;
e poi mi conducesti per i due regni del reato e della macchia. E
non lo condusse soltanto come imaginato duca; ma veramente gli
fornì imagini e idee e colori, dagli infanti del primo limitare agli
Elisi della foresta viva. Onde bene a ragione esclama sul primo
vederlo 1109 :
Vagliami il lungo studio e il grande amore!
1105 V. N. XI 25.
1106 De Mon. I, 18; e passim.
1107 Purg. XXII 72.
1108 Purg. XXII 64 segg.
1109 Inf. I 83.
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