Page 376 - Sotto il velame
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richiesta, e finita la settimana condusse in moglie Rachele, a cui il
padre aveva data la schiava Bala. E finalmente, venuto a capo
delle nozze bramate, preferì l'amor della seconda a quello della
prima, servendo altri sette anni presso lui».
E torniamo ad Aurelio Agostino. Egli parla della «dottrina di
sapienza» la quale è Rachele. Continua: E i più credono d'averla a
ottenere «tosto che si siano esercitati nei sette precetti della legge,
che riguardano l'amor del prossimo, che non si noccia ad altrui:
vale a dire, Onora il padre e la madre, non fornicare, non uccide-
re, non rubare, non dir falso testimonio, non desiderare la donna
del prossimo, non desiderar la cosa del prossimo». E invece no:
dopo aver osservati a tutt'uomo questi sette precetti, «attraverso
varie tentazioni, quasi in mezzo alla notte di questo secolo», ottie-
ne, che cosa? Invece «della desiderata e sperata dilettazione della
dottrina», ottiene «la tolleranza della fatica»: Lia la faticante, in-
vece di Rachele la veggente. Eppure ci si adatta, se il suo amore è
perseverante, per giungere all'altra, «ricevuti altri sette precetti:
come se gli si dicesse: Servi altri sette anni per Rachele. E tali
precetti sono che egli sia povero in ispirito, mite, piangente, fa-
melico e sitibondo di giustizia, misericorde, mundicorde, pacifi-
co» 1068 . A questo punto nessuno, credo, dubiterà più. L'argomento
della Comedia è la rinunzia alla vita attiva, a Lia, e l'adozione
della vita contemplativa, di Rachele. Abbiamo osservato che, nel-
la Comedia, la vita contemplativa contiene l'attiva; che, cioè, l'at-
tiva dispone alla contemplativa; che non ha Rachele chi non pren-
de Lia. E abbiamo veduto che ciò esprime Dante facendo che Lia,
quand'esso è nella vita attiva convenevolmente esercitato e purifi-
cato, non ha più deboli gli occhi; chè ella si specchia e Matelda
raggia. E abbiamo veduto che in ognun dei sette gradi del purga-
torio suona una delle sette beatitudini, annoverate e disposte in un
suo modo dal Poeta: in modo che, sdoppiando la fame e la sete,
restino pur sette, in modo che ultima rimanga quella che è penul-
1068 L'ordine è il novero delle beatitudini è in Dante diverso. Vedi a pag. 382.
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