Page 314 - Sotto il velame
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perbi. Dante subito nel cominciare la sua via per la gelata si sente
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dire :
guarda come passi;
fa sì che tu non calchi con le piante
le teste dei fratei miseri lassi!
Qui, nella Caina, Dante non calca alcuna testa; ma potrebbe, se
volesse. Nella seconda, sì, vuole, o vorrebbe aver voluto. Nel-
l'Antenora 865
passeggiando tra le teste,
forte percosse il piè nel viso ad una.
Il peccatore grida piangendo: Perchè mi pesti? Or bene questo
calcare e pestare con le piante e col piede richiama qui l'apostasia
di Giuda. Perchè ? «Egli avea eletto dodici, ma vi era un diavo-
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lo, Giuda Iscarioth, il quale contro il Signore levò il calcagno: del
quale egli disse, Affinchè si adempia la scrittura che chi mangia
il mio pane levò contro me il calcagno suo. O Giuda infelice, tu
mangi il pane del Signore e contro il Signore levi il calcagno? Oh
quanti sono i Giuda i quali mangiano il pane del Signore e nelle
opere loro percuotono d'un calcio il Signore... Cotesti sono i Giu-
da Iscarioth i quali se non si mutano in meglio, oh! non fossero
nati!». Oltre che quest'ultima esclamazione risuona nelle parole di
Dante «Me' foste state qui pecore e zebe», è, per il resto, chiaro
che il passeggiar di Dante tra le teste e il pestarle col piede è in-
fliggere il contrappasso di ciò che quei Giuda fecero a imitazione
del primo: levare il calcagno contro il Signore.
E ciò è tanto esatto, in quanto il piede di Dante non calca vera-
mente una testa se non nell'Antenora in cui cominciano a essere i
864 Inf. XXXII 19 segg.
865 Inf. XXXII 77 segg.
866 D. Bern. in coena Domini Sermo II. Ev. sec. Ioan. XIII 18; cfr. Ps. 40, 10.
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