Page 17 - Poemi del Risorgimento
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forse nel mar tuffa le braccia, e lava
le innumerabili ferite.
Credono i re di udire la selvaggia
querela atroce, l'aspro grido acuto
ch'egli dal lido getti alle fuggiasche
vele atterrite. No; ch'ei tace, o parla
soltanto a smerghi ed aquile marine.
Ei siede e tace, mentre sull'Oceano
purpureggiante le sue braccia affonda.
Tace ed assiduo, tra la nebbia, lava
il sangue inesauribile che sgorga
dai milïoni delle braccia, il sangue
che sgorga dalla pallida sua vita,
di milïoni d'altre vite.
Non è fragore ondoso di risacca
alla scogliera, non è vento urlante
nei boschi morti, non tempesta in mare
che l'isola urti, e sciacqui nell'abisso.
È lui che sparge sopra sé l'immenso
Oceano rosso, per lavare il sangue.
A grandi ondate abbraccia il mare, e tutto
l'attira a sé. Cupo silenzio è intorno.
Là, nell'oscurità caliginosa,
vedono l'ombra del ferito immane
i brevi re, tremando ancor dell'uomo
ch'è tutto ancora, e non è più.
VIII
Anch'egli vede nella lontananza
perduta, un altro, indissolubilmente,
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