Page 20 - Primi poemetti
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E un aio aveva questo reattino
nero, e l’aio era lì sempre a gracchiare,
e più, quando vedea torbo il mattino.
Il re veniva alle finestre a mare,
il re veniva alle finestre a monte:
«Avessi l’ale! Potessi volare!»
Nitrir sentiva alla sua voce pronte
le sue pulledre sparse alla pastura
nel grande prato ch’era dopo il ponte.
E quel nitrito, per le antiche mura,
per gl’infiniti muti colonnati,
destava i cani; e nella reggia oscura
rimbombavano in tanto alti latrati.
II
Or una fata l’ode. Ecco, sia fatto!
La gran reggia doventa una gran macchia
a colonne di pino e d’albogatto.
Nera tra i lecci vola una cornacchia.
È l’aio. Vola su brentoli e mortelle,
libero, il recacchino, il redimacchia.
E il curvo collo svincolano snelle
quelle pulledre scalpitando, ed ecco
ch’elle frullano azzurre cinciarelle.
Tengono l’osso ancora (od uno stecco?)
le cinciallegre, piccoli mastini,
sotto le zampe, e picchiano col becco.
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