Page 69 - Poemi conviviali
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ch'ei riportò con la sua forza e il senno,
                                            del mangiatore d'uomini gigante.
                                            Ed oblioso egli cercò l'Aedo
                                            per dire a lui: Terpiade Femio, il sogno
                                            dolce e dimenticato io lo risogno:
                                            era la gloria... Ma il vocale Aedo
                                            dormia sotto le stridule aspre foglie,
                                            e la sua cetra là cantava al vento
                                            il dolce amore addormentato in cuore,
                                            che appena desto solo allor ti muore.
                                            E l'Eroe disse ai vecchi remiganti:
                                               Compagni, udite. Qui non son che capre;
                                            e qui potremmo d'infinita carne
                                            empirci, fino a che sparisca il sole.
                                            Ma no: le voglio prendere al pastore,
                                            pecore e capre; ch'è, così, ben meglio.
                                            È là, pari a un cocuzzolo silvestro,
                                            quel mio pastore. Io l'accecai. Ma il grande
                                            cuor non m'è pago. Egli implorò dal padre,
                                            ch'io perdessi al ritorno i miei compagni,
                                            e mal tornassi, e in nave d'altri, e tardi.
                                            Or sappia che ho compagni e che ritorno
                                            sopra nave ben mia dal mio ritorno.
                                            Andiamo: a mare troveremo un antro
                                            tutto coperto, io ben lo so, di lauro.
                                            Avessi ancora il mio divino Aedo!
                                            Vorrei che il canto d'Odisseo là dentro
                                            cantasse, e quegli nel tornare all'antro
                                            sostasse cieco ad ascoltar quel canto,
                                            coi greggi attorno, il mento sopra il pino.
                                            E io sedessi all'ombra sua, nel lido!
                                               Disse, e ai compagni longiremi ingiunse
                                            di salir essi e sciogliere gli ormeggi.



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