Page 113 - Poemi conviviali
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fanno le veccie di tra il biondo miglio,
poi fanno il miglio minimo, poi vanno.
E resta a te la polvere di semi,
di cui ciascuno dal suo nulla esprima
un lungo stelo e il molle fior del sonno.
E il molle sonno tu lo chiami, o Psyche,
dacché di quelle voci una, la voce
che non t'ama e ti sgrida aspra, ti disse:
«Vil fanticella, prendi questa brocca
e va per acqua al nero fonte; al fonte
di cui sgorga l'oscura onda, sotterra,
al fiume morto. Esci per poco, e torna.»
E tuo mal grado, o schiavolina, andasti
con la tua brocca di cristallo al fonte;
e là vedesti, su la grotta, il drago,
l'insonne drago, sempre aperti gli occhi;
e tu chiudesti, o Psyche, i tuoi, da lungi
rabbrividendo; ed ecco, non veduto,
uno ti prese l'anfora di mano,
che piena in mano dopo un po' ti rese,
e dileguò. Tu lentamente a casa
tornavi smorta, e con un gran sospiro,
apristi gli occhi, e nel cristallo puro
tu guardasti l'oscura acqua di morte,
e vi vedesti il vortice del nulla,
e ne tremasti. E Pan allora un dolce
canto soffiò nelle palustri canne,
che tu piangesti a quel pensier di morte
come piangevi per desìo d'amore:
lo stesso pianto, così dolce, o Psyche!
Ma pur ne tremi, o Psyche, ancora, e mesta
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