Page 39 - I delitti della rue Morgue
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essere fuggiti dall’altra finestra. Supponendo ancora che
le molle fossero uguali, come era probabile, bisognava
che ci fosse una differenza nei chiodi o almeno nel
modo di fissarli. Salii sul saccone del letto e, al di sopra
della spalliera, trovai subito la molla che misi in movi-
mento; come avevo supposto, era identica alla prima.
Allora esaminai il chiodo. Era grosso come l’altro, e in
apparenza fissato nello stesso modo: conficcato nel le-
gno sino alla testa.
«Voi crederete che mi trovassi in imbarazzo, ma se la
pensate cosí, è segno che vi siete ingannato sulla natura
delle mie induzioni. Per servirmi di un termine sportivo
non avevo commesso un solo “fallo”. Non avevo per un
solo istante lasciata la pista; non vi era difetto in alcun
anello della catena. Avevo seguito il segreto sino alla
sua ultima fase e questa era il chiodo. Come ho detto,
sotto tutti i punti di vista, pareva uguale a quello dell’al-
tra finestra; ma questo fatto (per concludente che sem-
brasse) diventava assolutamente nullo di fronte alla con-
siderazione dominante che lí terminava la pista.
«Ci deve essere qualche cosa che non va, mi dissi, nel
chiodo. Lo toccai e la testa, con un quarto di pollice cir-
ca della lunghezza, mi rimase fra le dita. Il resto era ri-
masto nel buco, dove si era rotto. Era una frattura vec-
chia (i margini erano incrostati di ruggine) e apparente-
mente era stata prodotta da una martellata che aveva fat-
to entrare in parte la testa del chiodo nel legno del tela-
io. Rimisi accuratamente la testa al suo posto e il chiodo
parve nuovamente intatto; la fessura era invisibile. Spin-
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